13 maggio 1808. Alle ore 6 d’Italia (verso le due di notte) partono da Palermo in calesse due gentiluomini: il cav. Donato Tommasi, funzionario del governo siciliano, e l’abate Paolo Balsamo, professore di economia rurale all’Università di Palermo. Sono diretti verso il Sud-Est della Sicilia per visitare la Contea di Modica, il più grande feudo del Regno di Sicilia, di cui il Tommasi è regio amministratore soprantendente. Il loro viaggio durerà un mese, durante il quale visiteranno le principali città della Contea e alla fine, sulla via del ritorno, anche Siracusa e Catania.

In ogni località dove i due si fermano, mentre il Tommasi svolge il suo compito di funzionario governativo, incontrando le autorità locali e affrontando qualche questione che gli viene sottoposta, il Balsamo si dedica agli argomenti che più lo interessano: le caratteristiche del territorio, la demografia, le attività agricole, i commerci e in generale l’economia delle diverse località visitate. A questo scopo attinge informazioni dai registri parrocchiali, dalle contabilità aziendali e dalle conversazioni con gli agricoltori del luogo, alcuni dei quali sono vecchi allievi dei suoi corsi universitari. Di tutto questo redige un rapporto in forma di diario, aggiungendo varie notizie ricavate durante un suo precedente viaggio fatto negli stessi luoghi nel 1792, all’inizio della sua attività di docente.

Nell’insieme il quadro risultante è quello di una situazione di sofferenza, derivante dallo stato di guerra e del conseguente mutamento delle relazioni col Regno di Napoli e con Malta, ma anche legata a una serie di annate sfavorevoli per l’agricoltura. A tutto ciò, nel giudizio del Balsamo, si aggiunge il persistere di pratiche agricole tradizionali in contrasto con le moderne acquisizioni delle scienze agrarie, nonché una eccessiva concentrazione delle proprietà fondiarie.

Tuttavia il Balsamo vede, come elementi di speranza per il futuro, la presenza di alcuni agricoltori illuminati, suoi discepoli, che sono consapevoli delle possibilità offerte dall’applicazione all’agricoltura dei progressi della scienza e, per ciò che riguarda la proprietà delle terre agricole, la buona disposizione dichiarata dal re Ferdinando III verso una suddivisione dei latifondi in entità di minore estensione.

Dall’incipit del libro:

Il dì 13 di Maggio alle ore sei circa d’Italia, partimmo in calesse da Palermo alla volta di Vallelonga. Il cielo era tranquillo, e chiaro; il più vago azzurro coloriva la sua immensa volta; e le ombre, ed i silenzj della notte sembravano di assecondare quella dolce incertezza, o contrarietà di affetti, che sperimentar suole ogni uomo al cominciamento d’un suo viaggio, e che genera la noja di lasciar certi oggetti, ed il diletto di vederne degli altri.
Al di là di Portella di mare nacque, e ci rallegrò la rosseggiante Aurora. Questo nobilissimo spettacolo, che una smorta immagine ci appresta dello stupendo lavorío della creazione, fu quella mattina dell’usato più maestoso, ed assai più giocondo. Le vivacissime tinte, e le rare amenità della stagione gli davano un grandissimo risalto; tanto che il gratissimo verde, che da ogni banda riflettevano i purissimi surgenti raggi del sole, i venticelli che soavemente soffiavano, le fresche ruggiade, che vezzosamente inargentavano le punte delle minute erbette, e l’armonioso canto, che per le macchie, i rivoli, ed i canneti mandavano i francolini, gli usignuoli, i merli, e moltissimi altri uccelli, parevano allora di abbigliar con insolite, ed esquisite grazie la sempre bella campagna.

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