Pubblicato Eglantine di Jean Giraudoux.
Traduzione di Nicola Canè.
Dall’incipit del libro:
Fontranges si destò.
Esitò a credersi sveglio; il buon sonno dei Fontranges era leggendario. Il loro castello rimaneva senza dubbio la sola magione in Francia nella quale il servizio del signore addormentato fosse altrettanto minuzioso quanto il servizio del signore desto. Nelle case vicine di cui erano ospiti, ridavano il suo peso all’ombra, ne ristabilivano il dominio fino all’acustica; vi era di nuovo nelle cucine e nelle osterie, in loro presenza, un rumor serotino, un rumore albare e i domestici non riserbavano più per il pomeriggio le occupazioni silenziose, spennar polli, tagliar tappeti erbosi, o rastrellar sabbia in cortile, quello stridìo che gratta così dolcemente la terra e il cuore al suo risveglio […] Quando lasciavano gli amici, avevano ridipinto di nero la notte, e lo stesso padre di Fontranges, che tutti eran d’accordo nel ritener duro quanto egoista, lasciava dietro di sè spiriti riposati, gote fresche, tutti i beneficî del sonno. Un’insonnia cagionava loro quello stesso turbamento che avrebbe loro procurato, di giorno, uno svenimento. Se per caso avessero aperto gli occhi durante la notte, non sarebbero riusciti a richiuderli da sè; occorreva una mano estranea per riabbassar le pàlpebre, come a quelle d’un cadavere.