Raffaele Ferretti giornalista, che fu sindaco a Chiavari un lustro dopo la morte di Zagarrio, narra che quando lesse, nel 1935, alcune di queste novelle, il suo commento fu che: “mi hanno tutte fatto pensare ad una serie di istantanee fotografiche assai nitide e ben centrate, ma prive di quel nesso e di quel movimento indispensabili per dar vita al cortometraggio della novella”. Ciononostante l’editore Guanda decise nel 1938 di dare alle stampe questa raccolta di 20 brevi racconti.

Quello che a Ferretti era parso un limite emerge invece come un pregio, che mette in continuità l’ispirazione poetica con quella narrativa. Infatti aveva già pubblicato la raccolta Gli uomini della piana e l’anno successivo alla stampa di È già una signorina la bimba sarebbe stata pubblicata, ancora da Guanda, la sua seconda raccolta poetica Turno. Freschezza e malinconia sfumano quindi tra il verso e la prosa godendo di una identità di situazioni e di ambiente.

Poesia e umanità sono presenti anche in queste novelle e, in un periodo durante il quale sembrava fosse stato scavato un solco quasi incolmabile tra arte letteraria e popolo, Zagarrio riesce a portare al lettore le voci e i comportamenti che caratterizzavano la sua gente. Poesia è sorella di malinconia, si dice talvolta, e Zagarrio è bravo a trasferire questa caratteristica anche nella sua prosa. Scrive Carmelo Musumarra, uno dei più importanti studiosi del verismo verghiano, il 24 gennaio 1953 su “La Sicilia”:

«L’urgenza delle passioni e l’anelito di poesia sono tutti disseminati e diffusi nelle diverse pagine, senz’ordine e senza regole, ma anche con tanta sincerità. La forma di dialogo, che è la più difficile forma prosastica, prevale di gran lunga, mentre alle descrizioni di scene e di ambienti e di sentimenti sono riservate poche righe e talvolta poche parole; l’effetto di questo stile così denso e vivace è davvero notevole, perché la lettura si fa di necessità ininterrotta e singhiozzante».

L’apprezzamento dello studioso verghiano non è casuale: la naturale semplicità con la quale si affrontano le descrizioni risponde infatti pienamente alle esigenze del realismo della narrativa tipica del verismo post verghiano.

Il presente e-book è tratto dall’edizione che, alla fine degli anni ‘90 dello scorso secolo, fu curata dalla nipote Ginetta Zagarrio radunando l’intera opera letteraria dell’autore.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit della prima novella La casa paterna:

Il cognato lo spinse avanti:
— Su, su; tu per primo.
Già dall’alto della scala scendevano le sorelle, le cognate. S’era sentito abbracciare, riabbracciare, passando dall’uno all’altro senza avere quasi il tempo di riconoscerli.
La sala, poi, era piena di bimbi. Quando questi si furono seduti attorno alle loro mamme, Luigi li osservò uno ad uno: una cosa nuova per lui:
— Ognuna una nidiata, – disse – proprio una nidiata.
Dovette rispondere alle sorelle, ai cognati; cento domande: la vita di laggiù, le città, il suo lavoro.
Mostrò le mani:
— Potrebbero dirvelo anche queste, il mio lavoro – e sorrise. Le palme si richiusero.
Il fratello maggiore guardò quelle mani: le dita erano nodose, la pelle scura. «Avrà sofferto, povero Luigi». Mostrò il figliolo che gli stava vicino:
— Ti somiglia Luigi; anche al papà somiglia – disse – Il papà gli voleva molto bene – finì. Aveva levato gli occhi in alto; dal muro pendeva la fotografia della famiglia: un «gruppo». Le voci tacquero per qualche secondo poi ripresero più vive.
— È lo zio d’America, quello della fotografia. – La sorella Gina fece ridere tutti con le sue spiegazioni.
Il suo bimbo, intimidito dalle risate, s’era messo a piangere.
Luigi guardava di tanto in tanto, intorno, la sala.
— La trovi cambiata? – chiese la sorella maggiore.
— Non so; qualcosa.
— Solo la porta d’ingresso e le imposte sono nuove – spiegò la sorella.

Scarica gratis: È già una signorina la bimba di Biagio Zagarrio.