Critone è il terzo dialogo della prima tetralogia ed è stato scritto presumibilmente tra la morte di Socrate e il primo viaggio in Sicilia, indicativamente tra il 399 e il 390 a. C.. È l’ultimo dei tre dialoghi nei quali è possibile identificare il Socrate in qualche modo storico.
Il tema del dialogo verte sul dovere di obbedire alle leggi. È la notte prima della morte di Socrate e Critone si reca a dare la notizia al condannato, ma il suo scopo è soprattutto quello di esortarlo a cogliere l’opportunità de una fuga. Critone non vuole che la gente possa pensare che gli amici di Socrate non abbiano fatto abbastanza per lui e inoltre Socrate non deve lasciare i suoi figli privi dell’educazione paterna. Ma Socrate obietta subito che non ci deve interessare quello che dice la gente ma se mai solo i migliori, e poi l’importante non è vivere ma vivere bene, e questo significa vivere secondo le leggi. Critone afferma che sia lui che i suoi amici sono preparati ad affrontare le conseguenze negative e anche a perdere il loro intero patrimonio.
Ma Critone e Socrate sembrano parlare due linguaggi diversi. Per Socrate il problema può essere posto solo in questi termini: è giusto o ingiusto che lui fugga dal carcere? Se le leggi lo hanno condannato non è colpa delle leggi ma degli uomini che le hanno interpretate con malvagità. Quelle leggi sono andate bene per Socrate in ogni fase della sua vita e non può contraddirle adesso. Se non gli fossero piaciute avrebbe dovuto abbandonare Atene prima, anche in tutte quelle fasi di vita che gli avevano portato vantaggi. Fuggire adesso significherebbe coprirsi d’infamia. L’educazione stessa dei figli deve avvenire in ottemperanza alle leggi che la regolano. Socrate e sua moglie si sono uniti in matrimonio concependo dei figli secondo le regole e le leggi. La legge è quindi superiore al cittadino che, se le ritiene ingiuste, deve cercare di mutarle usando la persuasione e non riuscendovi non può trasgredirle. Critone non trova più nulla da ribattere e Socrate va pacatamente e dignitosamente incontro al proprio destino.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
So. Come mai qui a quest’ora, Critone? Non è ancora assai per tempo?
Cr. Per tempissimo.
So. Che ora precisamente?
Cr. Albeggia appena.
So. Mi meraviglio che il carceriere t’abbia permesso d’entrare.
Cr. Oh! Socrate, egli è con me nei migliori termini; vengo qui così spesso! E poi gli ho pur reso qualche favore.
So. E sei qui da poco o da un pezzo?
Cr. Da un bel pezzo.
So. E perché non mi hai destato subito, ma ti sei messo a sedere qui accanto in silenzio?
Cr. Per Zeus, Socrate, non mi sarebbe piaciuto neppure a me di vegliare in tanta tristezza. Anzi è un bel po’ che t’ammiro, vedendoti dormire così saporitamente. E non t’ho destato apposta per lasciarti godere di codesto riposo. E se molte volte anche per l’innanzi nella vita t’ho stimato felice per il tuo carattere, ora soprattutto ti giudico tale nella sventura che ti sovrasta, vedendo come facilmente e serenamente la sopporti.
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