Pubblicato Così, la vita! di Flavia Steno.

Ambientato tra la Genova storica di inizio ‘900 e la contea dell’Essex, il libro narra la vicenda di una giovane nobile decaduta, Elena, costretta a fare l’istitutrice, sedotta dal fratello della sua allieva. Il racconto si apre con Elena che vaga in miseria per Genova e viene notata e soccorsa da un giovane impiegato che per lei si toglierà la vita poco più tardi.
Sorretta da questo primo iniziale intervento di soccorso, intraprenderà una carriera da cantante di café chantant con grande successo, ma viene tratta da questa professione ambigua da un anziano nobile che diviene suo amico e la indirizza nuovamente a una più «tranquilla» carriera di istitutrice, appunto nell’Essex. Accolta da questa famiglia nobile con l’intento di inserirla come pedina matrimoniale in una complicata vicenda ereditaria, viene scacciata quando si rende conto della ragnatela nella quale era rimasta invischiata; non prima però di aver seminato nuovi cuori infranti che condurranno a una nuova morte in duello di un suo spasimante. Rassegnata alle sventure, Elena torna, con successo, alla carriera di cantante di opera.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

In piazza Corvetto, mentre s’avviava all’ufficio su oltre il viale dell’Acquasola, gli occhi di Federico Angeleri si soffermarono distrattamente dapprima, più attenti poi e subito pietosamente interessati sopra una figurina femminile tutta nera che precedendolo di pochi passi si trascinava nella stessa direzione del giovane. Appunto il muovere lentissimo e strano della donna che pareva non trovasse più la forza di sollevare il piede nè quella di raccogliere nella piccola destra abbandonata lungo la persona la povera sottana a sbrendoli troppo lunga per lei e inzaccherata di tutto il fango raccolto per le strade ancora molli della pioggia della notte, aveva attirato gli sguardi del giovane.
— Che miseria! – egli pensò.
E subito dopo una riflessione seguì nel suo cervello all’osservazione:
— Ma perché non solleva quello straccio che spazza la strada?
Comprese subito perché.
Una larga pozza d’acqua non ancora asciugata dal bel sole di maggio levatosi radioso in un cielo di cobalto sgombro di nubi, aveva costretto la donna a raccogliersi la gonnella intorno alle ginocchia per superare l’ostacolo lieve e nell’atto i suoi piedi s’erano scoperti calzati da certe miserabili ciabatte sformate, scalcagnate, bucate che di scarpe non meritavano più il nome e che erano l’espressione eloquente e insuperabile del limite estremo della miseria.
Federico Angeleri tradusse in una bestemmia il senso di pietà profonda che gli frugò il cuore: cacciò la mano nel taschino del gilè e accelerò il passo coll’intenzione di offrire alla sventurata un pugno di monete, ma proprio in quell’istante, con una mossa rapida dov’era evidente il timore che qualcuno avesse sorpreso quella sua miseria vergognosa, la donna si volse, incontrò lo sguardo del giovane, intuì forse il suo impulso perché un’ondata di sangue accese improvviso il suo volto pallido e accentuò l’amarezza della sua espressione.