«Sulla parete di fronte a quella, vi era un grande orologio elettrico che segnava l’ora e la data di quel giorno: ventidue giugno dell’anno tremila, ore una e quarantasette minuti della notte.»

L’orologio della stanza dove la giovane protagonista è imprigionata segna l’istante cruciale dei due incidenti scatenanti che rompono l’equilibrio della vicenda. Fino a quel momento, sulla Terra…

«Come in qualsiasi altra regione del globo, la vita scorreva tranquilla; ognuno aveva le sue precise mansioni e lavorava all’incirca cinque o sei giorni al mese, salvo, s’intende, certe professioni di carattere particolare, le quali, per essere esercitate bene, avevano bisogno di una continuità costante espletata dal professionista stesso. Il mondo dunque, stava per raggiungere o aveva raggiunto quella situazione ideale in cui tutti andavano d’accordo, in cui gl’interessi economici non cozzavano fra di loro ed in cui, infine, ogni cosa, andava liscia per la sua china.»

La pace regnava sulla Terra, divisa in tre Confederazioni, l’Europea (Europa ed Africa), l’Asiatica e l’Australo-Americana, e anche nella vita privata dei protagonisti, Diana Moreno, dai grandi occhi turchini, suo zio, Amilcare Moreno, direttore dell’osservatorio astronomico e Sherry Dikson, fidanzato della ragazza ed assistente dello zio. La vita serena di questi ultimi viene sconvolta dal classico topos del ratto: la bella fanciulla, la ventenne Diana, viene rapita e chiama in soccorso il suo cavaliere, Sherry, che corre a salvarla. Il rapitore in questo caso, non è un mostro o una divinità malefica, ma, altro topos, la femme fatale…..

«… una donna sui ventotto anni circa, bionda e alta, elegantissima nel suo abito fatto a scafandro; calzava due scarpine dai riflessi vitrei come se fossero state fabbricate con la mica ma dalla morbidezza di un guanto; i tacchi, elastici, erano trasparenti come il cristallo. La cuffia del capo, del medesimo tessuto dell’abito, aderiva perfettamente a tutta la testa coprendo il cranio scarno di capelli, come del resto erano tutte le donne di quell’epoca…. Continuava a fissare con i suoi occhi bellissimi ma dallo sguardo freddo e crudele la prigioniera, la quale, inconsciamente, quasi sotto una irresistibile influenza magnetica, cominciò a indietreggiare con un vago senso di terrore….»

Si tratta di Almy, l’ex amante di Sherry, abbandonata perché ritenuta «una creatura perversa, un’anima tenebrosa» e desiderosa di vendicarsi contro la donna amata ora da lui facendo nel contempo soffrire l’uomo che aveva trasformato il suo amore in odio inestinguibile.

Mentre le due donne sono una di fronte all’altra, l’osservatorio astronomico trasmette la notizia destinata a cambiare, forse ponendo fine ad essa, la storia dell’umanità: la terra sta rallentando il suo moto e il giorno si è allungato di 14 minuti e 36 secondi. Questo non distoglie tuttavia dal suo desiderio di vendetta Almy che, rivolta al suo compagno, perentoria gli ordina:

«Vattene e lasciami sola con questa fanciulla; accada pure la fine del mondo, ma prima la voglio torturare, possibilmente dilaniarle il cuore con queste mani, con queste unghie!”. La paura e la malvagità la rendevano spaventosa; veramente, sembrava una tigre, una iena che sente la voluttà di sbranare la preda.»

A questo punto la macrostoria della Terra e dei suoi abitanti dovrebbe intrecciarsi con la microstoria dei protagonisti, ma il narratore abbandona la povera Diana, rinchiusa dalla sua implacabile nemica in una stanza destinata a raggiungere rapidamente gli 80°, per seguire il suo fidanzato che sta correndo a salvarla, per poi abbandonare pure lui e concentrarsi sulla catastrofe che colpisce la terra.

«La rotazione della Terra si fermò definitivamente il pomeriggio di quel giorno che, secondo il calendario, era il 28 luglio, quando invece, calcolato in ore, corrispondeva all’ultimo giorno di ottobre….. In analoghe condizioni si trovò la Terra rispetto al sole nell’anno tremila; pur mantenendo normale il movimento di traslazione o rivoluzione, sparì quello di rotazione intorno al proprio asse. L’emisfero illuminato restò quello che contiene quattro continenti e cioè: l’Europa, l’Asia, l’Africa e l’Australia; al buio restarono le due Americhe e la maggior parte delle isole sparse nell’immenso Oceano Pacifico.»

Il narratore, abbandonata nel momento del pericolo Diana, offre ai lettori un excursus, un quadro idilliaco della vita sulla terra prima della catastrofe: città immense, costruite sulla terraferma e sugli oceani per ospitare in grattacieli di trecento piani i 10 miliardi di abitanti; energia inesauribile («un solo grammo di carbone dava tante calorie quante ne davano diecimila tonnellate»), produzione agricola sufficiente per tutti, nonostante la poca terra a disposizione («si era arrivati al punto, mediante l’elettricità e le emanazioni radioattive, di fare nascere, crescere e maturare una spiga di grano in dieci giorni»); trasporti efficientissimi

«Navi e veicoli terrestri non ne esistevano più perchè troppo lenti; soltanto aerei di ogni specie; da quello monoposto di piccolo turismo, volante ad una velocità di quattrocento chilometri orarii, a quello stratosferico, con una velocità di duemila chilometri, della capacità di cinquanta passeggeri; da quello monoposto, per brevi viaggi, con velocità di duecento chilometri, al gigante capace di mille viaggiatori, con le comodità di un grande albergo e navigante a otto o novecento chilometri.»

Segue la descrizione, con dovizia di particolari, dello stravolgimento della situazione dopo l’interruzione del moto di rotazione della Terra, con le scene apocalittiche che avvengono sia nell’America devastata dal gelo, «il bianco fantasma», che nei continenti arsi da un sole torrido che non tramonta mai, «il fantasma rovente». La vita è ancora possibile solo nella «zona crepuscolare», un anello, passante per i due poli, largo circa 560 chilometri e le grandi potenze, finora in pace fra loro («tanto che non vi era nemmeno l’ombra di un esercito»), iniziano a combattere fra loro per impadronirsene.

In questa drammatica situazione, l’immancabile topos dell’aiutante interviene nella microstoria nelle vesti del signor Half, ricco e generoso studioso che diviene inseparabile compagno di avventure di Sharry, e nella macrostoria in quelle dei Marziani, popolo molto più evoluto dei terrestri. Basteranno i potenti mezzi di cui dispone il signor Half e il «lampo-treno» dei Marziani, in grado di raggiungere i 5.000 chilometri all’ora e di trasportare 100.000 passeggeri alla volta, ad assicurare un lieto fine all’umanità ed ai nostri personaggi?

Doverosa un’annotazione sullo stile del romanzo, che per scelta editoriale è stato lasciato quasi inalterato, intervenendo in fase di revisione con correzioni o note solo in pochissimi casi. È ancora possibile, quindi, per il lettore, imbattersi in errori di ortografia (solo in alcuni casi arcaismi), grammatica, sintassi e, soprattutto, in un uso molto disinvolto della punteggiatura. Qualche piccolo esempio: «Imalaja» alternato ad «Himalaja», «rudero», «quei straordinari naufraghi», «enormi banchi di ghiaccio, dalle forme più svariate, con riflessi azzurri, sotto la luce che l’illuminava.», «coprendo il cranio scarno di capelli, come del resto erano tutte le donne di quell’epoca», «Se volete partire fra un’ora, sarete costretto a fermarvi a Londra cinque ore per attendere la partenza del transaereo per Montreal, vi conviene partire alle sei, cioè tra cinque ore e cinquanta minuti, secondo il mio parere è meglio attendere qui, nel casotto di fronte c’è il letto, la tavola pronta e tutto quanto vi potesse occorrere.».

Sinossi a cura di Mariella Laurenti

Dall’incipit del libro:

La signorina Diana Moreni aprì gli occhi, sbattendo ripetutamente le palpebre e si guardò intorno.
Si trovava in un’ampia camera metallica, senza finestre, nuda, fredda, sinistra; un grande globo elettrico la illuminava fino negli angoli più remoti, dando riflessi spettrali alle pareti grigie. Un silenzio assoluto regnava come se quella camera fosse a centinaia di metri sotto terra oppure in fondo a qualche oceano.
Diana, ancora stordita, con una pesante oppressione nel cervello, in cui le idee erano più confuse che mai, vide vagamente un apparecchio radio-televisore, fissato nel centro di una delle pareti, all’altezza di un metro e mezzo dal pavimento. L’apparecchio consisteva in una specie di grande piatto metallico, con un rocchetto al centro ed uno specchio a destra, con due bottoni laterali che certamente erano interruttori; a sinistra sostenuto da una mensoletta sporgente dalla parete, vi era un dischetto attraversato da parecchi fili di rame, fissato ad una asticella verticale.

Scarica gratis: Come si fermò la terra di Calogero Ciancimino.