(voce di Luca Grandelis)

Questo libro è la fine del mondo. Che avete capito? Certo, è un bel libro, consigliato non solo a tutti quelli che detestano il realismo filosofico (soprattutto quando si definisce «nuovo» ma ha sempre la stessa faccia), ma anche a coloro che desiderino affrontare per la prima volta un testo di Goodman: qui potranno trovare un’ampia scelta delle tante tematiche trattate dall’autore a cavallo tra l’ontologia, l’epistemologia, l’estetica, la filosofia del linguaggio.
Ma non mi riferivo a questo. Bensì al fatto che qui, riprendendo e approfondendo i temi del caposaldo Ways of Worldmaking, il filosofo americano esprime a chiare lettere la propria concezione pluralistica dell’ontologia: il mondo, inteso come unico, oggettivo, vero, è finito (o forse non è mai iniziato), perché nella realtà non esiste un solo mondo, ma più mondi, uno per ogni sistema simbolico con il quale gli uomini raffigurano l’essere. Partendo da Kant e traendo con rigore le conseguenze della sua «rivoluzione copernicana», Goodman spiega con lucidità e chiarezza (non senza che rimanga qualche aspetto problematico) che bisogna dire addio agli idoli intellettuali di una realtà in sé e di una conoscenza oggettiva, patrimonio di una scienza e di una filosofia che ancor oggi scambiano per «dati» i propri pregiudizi intorno alla realtà, dando tanto per scontati i propri limiti e presupposti da non riuscire più a vederli (posizioni cui non resta, in ultima istanza, che tentar di persuadere – non potendo mostrare: qualcuno di voi ha mai visto una «cosa in sé»? – l’interlocutore, magari colpendolo allo stomaco; come cerca di fare, ad esempio, Maurizio Ferraris nei suoi ultimi scritti, quando parla della memoria della Shoah per concludere: «ecco cosa si perderebbe se si perdesse la realtà oggettiva»).
Goodman, da filosofo analitico di spessore, non fa appello ai sentimenti, ma alla ragione; e mostra che la conoscenza autentica (che dice addio alla verità in favore della correttezza) non solo non viene resa impossibile dalla rinuncia all’oggettività, ma viene potenziata, perché consapevole del proprio essere prospettica (mentre la conoscenza sedicente oggettiva è soltanto una prospettiva come le altre… che ignora di esserlo).
Un’ontologia, quella di Goodman, da approfondire nei suoi tanti risvolti, per scoprire come la conoscenza umana sia tra l’altro molto più ampia di quella scientifica e include ad esempio quella dell’arte e della letteratura. Il nostro tempo, che abbonda di persuasori, ha bisogno più che mai di un pensiero rigoroso come questo. Il libro è pubblicato con una circostanziata Prefazione di Paolo Fabbri.


N. Goodman, C.Z. Elgin, Ripensamenti. In filosofia, altre arti e scienze, ed. ET AL., 2011, pp. 191, euro 25.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.