(voce di Luca Grandelis)

Jim Parsons è un medico. Che si trova nella sua auto teleguidata, in compagnia dell’inseparabile valigetta, quando viene catapultato in un futuro che non è semplicemente diverso dalla sua epoca, ma rovesciato: lì l’esercizio della professione medica è vietato e chi tenta di salvare una vita umana dalla morte certa… deve vedersela con la legge.
Inizia così Dottor Futuro di Philip K. Dick (ed. Fanucci, 2011). Con il protagonista che ascolta attonito il suo giudice, che l’ha appena condannato all’ergastolo su una colonia marziana, spiegargli che il primo obiettivo della loro società è mantenere stabile la popolazione, per cui un nuovo bambino può essere «autorizzato» a nascere solo a fronte della morte di qualcuno: in un certo senso, dunque, la morte non è negazione della vita, ma preludio.
Naturalmente c’è chi si oppone al sistema e prepara la sua rivoluzione sotterranea: questi dissidenti aiuteranno il protagonista a evitare la detenzione, con la promessa di rispedirlo a casa quanto prima. Ma come spesso accade, nulla è come sembra, i ruoli e le alleanze si invertono a oltranza e tutti finiscono col rivelare il loro secondo fine.
Una vicenda che mette in guardia dai rischi del controllo delle nascite teorizzato a livello planetario (tanto più pericoloso e infido quanto più tende a presentare se stesso come razionale e caritatevole). Tuttavia, anche in questo romanzo, a Dick non interessa la coerenza interna della storia (obiettivo precluso a chi intende cimentarsi con i viaggi nel tempo) né l’esame minuzioso di certi «tipi psicologici». L’unica cosa che veramente interessa a questo genio della narrativa fantascientifica è creare quella vertigine di incertezza che consegni il lettore allo stesso sballottamento cui sottopone i suoi personaggi, dove ad ogni angolo c’è un voltafaccia, una rivelazione, un nuovo infingimento. Di nessuno puoi fidarti veramente, tanto meno dello scrittore. E lui ci guarda smarrirci riga dopo riga nel folto del dubbio, mentre la diffidenza – e l’ansia – crescono; sorridendo beffardo a bocca chiusa, arricciando una guancia, e ti sembra di poterlo sentire mentre dice: io so.


P.K. Dick, Dottor Futuro, ed. Fanucci, 2011, pp. 181, euro 17.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.