Pagina Tre è lieta di pubblicare una anteprima di “Terminal nebulosa”, l’ultimo romanzo di Franco Garofalo. Nei prossimi giorni verranno pubblicate altre due anticipazioni.

Sinossi

E’ il 2034. Eduard Stéphane, funzionario dei Beni Culturali, a meno di quarant’anni ha già troppe storie e troppa famiglia sulle spalle per vivere tranquillo. Qualche anno fa la sua prima moglie, Giulia, brillante ricercatrice, a causa di un grave stato depressivo si è sottoposta ad eutanasia, strappando un consenso che Eduard non intendeva dare. Tutto è avvenuto in una struttura privata, la clinica Nebulosa, emersa come una delle aziende più affidabili specializzate nel suicidio assistito, fra tutte quelle spuntate dopo l’approvazione della legge che ha liberalizzato l’eutanasia per i malati terminali.

Eduard ha una nuova moglie e due figli ed è in ristrettezze economiche. Intuisce che ci sono elementi che gli permettono di fare causa alla clinica e si rivolge ad un celebre avvocato, e amico di famiglia, Cesare Sensini, iniziando così un percorso legale che nelle sue speranze gli consentirà di ottenere un forte risarcimento.

Ma su quali basi? Superato il primo livello di informazione generica sulle proprie attività, nei colloqui diretti la responsabile medico della Nebulosa, Irene Lambisch, aveva proposto ad Eduard e Giulia il Programma Portale, sostenendo che la Nebulosa era in grado di mantenere il contatto fra il suicida ed i suoi cari anche dopo il decesso. Eduard, che non aveva in realtà nessuna voglia di restare vedovo nonostante la categorica volontà di Giulia, accetta, pagando per il programma una somma che non avrebbe potuto permettersi. Considerando che quei presunti contatti con Giulia dopo la morte non sono in seguito mai avvenuti, con l’assistenza dell’ avvocato Sensini denuncia la Nebulosa per truffa, nella persona del suo amministratore unico, Arcangelo Sutter.

Dopo l’incardinamento della causa, e dopo anni di silenzio, la Nebulosa si fa viva con Eduard attraverso la sua più enigmatica dipendente, la sensitiva Ivana. Ivana fa credere a Eduard di essere effettivamente in contatto con la defunta, ma Eduard tiene duro e non abbocca. Attraverso le ricerche dello studio legale Sensini, stanno infatti venendo fuori trame assai più ampie, che disegnano un ruolo internazionale e torbido della Nebulosa e del suo management. Sarà solo grazie all’ampia ed improvvisa “confessione” della dottoressa Lambisch che emergerà il progetto segreto della clinica: costruire una smart city in Svizzera intorno al lago Ritom, con il nome di Vega. Una città abitata da residenti “trattati” per imprigionarvi i morti viventi, cioè i clienti della clinica ai quali non è stata somministrata la dose letale di Pentobarbital, ma soltanto un sonnifero.

Dopo tali rivelazioni e la ricostruzione documentata di tutto questo tentacolare dossier, il successo di Eduard sull’ambigua clinica della dolce morte, in sede legale, è completo. Gli viene attribuito il forte risarcimento desiderato, e dal misterioso insediamento di Vega riappare anche la defunta Giulia, ancora viva ma totalmente privata della memoria.

Nel frattempo il vecchio Sensini è venuto a mancare per cause naturali e l’ultimo festeggiamento, e dialogo chiarificatore, avviene fra Eduard ed il giovane brillante avvocato Mauro Carta, discepolo ed ammiratore del vecchio principe del Foro.

Non si è mai del tutto soli, di fronte alla violenza ed arroganza dei potenti.

Prima anticipazione

Eduard è il primo personaggio del romanzo del quale sentiamo la voce. I suoi problemi sono tanti. Ma, sconfortato, getta da una parte questi appunti, in cui cerca con fatica di chiarire a sé stesso le incredibili cose cui ha dovuto, suo malgrado assistere. Gli appunti, questo abbozzo di narrazione, non hanno ancora un destinatario preciso. E’ importante trovarne uno.

Terminal nebulosa

di Franco Garofalo

Capitolo primo

Maggio 2034

Andiamo, cerchiamo di capirci. Tu sei quello che ha sempre cercato di mettere pace, di placare i conflitti, di essere paterno e fraterno e amichevole con tutti.

Ma questa volta non ci riuscirai. Le cose stanno cambiando troppo in fretta. Da quando la tua Giulia ti ha lasciato, tu non hai più voglia di mettere pace nel mondo. Pensi alle tue famiglie, pensi che come molti ne hai avuta più di una. Il tempo della vita era ed è talmente lungo, o almeno così ti sembrava, che al primo tentativo poteva succederne un secondo. Nulla c’era di definitivo. Diventando vedovo potevi portare indietro il tempo e ricominciare da un’altra parte con un’altra persona. Operazione solo parzialmente riuscita. Poi si cominciano a capire molte cose, ma quando è già tardi; non esistono forse individui con cinque o sei diverse famiglie? Non esistono nel mondo poligami? E allora? Devi fartene una ragione, non sei unico neanche quando sei solo.

Questi appunti personali sono per me motivo di autentico terrore. Intanto esiste la possibilità che il tuo tempo finisca; e ne esiste un’altra: che il tuo momento, che l’essenza del tuo tempo, quello che ti spiega al mondo e ti dà il senso cercato tanto a lungo, non venga più.

Come quella volta in cui attendevi l’arrivo del tanto sognato telescopio. Eri un ragazzino che aveva una gran voglia di osservare le costellazioni, l’albedo, i luminescenti pianeti. Solo che quella maledetta consegna non arrivava mai. A tua madre per telefono spiegarono che lo strumento veniva dalla Francia, e il camion che lo stava trasportando si era fermato alla frontiera a causa di una eccezionale nevicata. Era ormai più di un mese che durava quella storia. A lei si era ingrossato il fegato, tanto si era arrabbiata con quella ditta. Le telefonate si susseguivano ormai al ritmo di una al giorno; papà aveva minacciato anche un’azione legale e la stava effettivamente predisponendo con l’amico cassazionista Sensini, in cui lui riponeva assoluta fiducia da quando gli aveva fatto vincere la causa di lavoro con Rete Elettrica, costringendola a promuoverlo dirigente.

Il telescopio, nel suo pacco ben confezionato e sigillato, da qualche parte sulle Alpi attendeva che la nevicata finisse. Ma da noi non nevicava, nonostante la stagione rigida: il freddo inibiva persino la pioggia, che fu infatti scarsa in quell’inverno. Raramente ho conservato ricordi elaborati degli inverni: il tempo ha avuto un senso solo fuori da quella opaca manutenzione della mente che si realizza nelle aule di scuola. Ma dell’inverno del telescopio ricordo quasi istante per istante. I miei avevano preso a cuore la questione, sospetto oggi per non fare la figura dei raggirati, delle vittime di vendite per corrispondenza da parte dei precursori di Amazon (marchio registrato!); e dopo altre due settimane di telefonate concitate, il pacco col telescopio arrivò.

Lo provai subito, ma non riuscivo a mettere a fuoco nessun corpo celeste; il prodigio di quei corpi astrali, a quanto pare in perenne allontanamento da noi e fra loro, mi restò sfocato nonostante tutti i tentativi di regolare meglio la ghiera dell’oculare. Il mio nuovo telescopio era, in sostanza, miope. A nulla valeva che sollevassi e rimettessi gli occhiali: le mie adorate stelle restavano altrettanti pallini luminosi ma fiochi, indefinibili! Risparmio a questi appunti il racconto dell’ulteriore calvario dell’assistenza tecnica.

Ne ricavammo tutti un grande insegnamento, a diversi gradi di maturità come eravamo: Germano, mio padre, giurò a sé stesso di non comprare mai più nulla che non provenisse da un negozio con vetrine su strada, ben leggibili ed illuminate di sera; Claudia, la mamma, si dispiacque molto e, come al solito, ne fece una malattia (cinque giorni di virus influenzale, tre a letto); io attesi con immutata fiducia il ritorno del povero nato storto dall’officina dell’assistenza.

Come definirmi? e poi, perché? Ecco. La storia di uno che volle essere tutto. Per superare l’angoscia di essere pur sempre un Eduard Stéphane, mi affannai ad essere tutto quel che potevo essere. Sotto altri aspetti, del tutto ragionevoli, questi appunti non hanno senso.

E infatti ne usciamo. Eduard lanciò il tablet sul divano, facendolo seguire da quella finzione di penna che doveva simulare credibilmente la scrittura autografa. Sospirò e ruttò lievemente, tutto insieme. L’appartamento era silenzioso ed in penombra.

Andava a versarsi un cognac visto che la cucina era il luogo in cui teneva i superalcolici. Per i vini aveva, invece, una rastrelliera in cantina che gli era stata regalata dai colleghi di lavoro, per una volta seriamente in grado di intuire un suo reale desiderio. Era ancora pomeriggio. Eduard sapeva che era l’ora ideale per telefonare all’avvocato Sensini.

Da quando, morta Giulia, per pagare il Programma Portale della Nebulosa si era accontentato di due vani in un quartiere poco raccomandabile, rimuginava continuamente su tutto quel che succedeva, a lui come ad altri, e spesso finiva per pensare che avrebbe potuto alzare un po’ di quattrini andando in causa con questo e quello. Figurarsi la storia della Clinica Nebulosa (marchio registrato!). Per come l’aveva capita, finalmente, dopo infinite vicissitudini che finiremo per raccontare, la sua iniziativa sarebbe stata la fissurazione che apriva una crepa enorme in un potere nascente, ancora giovane ma già tale da meritare tanto spazio sulla stampa – non solo per annunci a pagamento – ed avere già installato in parlamento una lobby che contava una trentina di deputati.

Ora col bicchiere di cognac si stava preparando adeguatamente alla conversazione. Come avrete capito aveva già buttato giù un brogliaccio di appunti; ma non tutto ciò che vi aveva messo dentro era da riferire all’avvocato. Intanto, dall’episodio del telescopio erano passati circa trent’anni. Suo padre aveva la demenza senile ed anche il vecchio Sensini, sebbene più giovane di Germano non doveva stare benissimo. Aggiungiamo poi che da almeno dieci anni, cioè dagli ultimi contatti di Germano col suo amico, nessuno di loro aveva mai chiamato lo Studio. Eduard era confortato dal fatto che quest’ultimo comunque esisteva, aveva ben quattro linee telefoniche e sede in un quartiere prestigioso e scicchissimo. Anche il sito internet dello Studio Sensini era aggiornato e ben curato e si avvaleva addirittura di una chat-line per rapide consulenze, in funzione quasi tutto il giorno.

Fu felice di sapere che comunque, alle cinque pomeridiane, il vecchio Sensini stava per essergli passato al telefono. Insomma, lavorava ancora nonostante l’età. L’attesa con musica di sottofondo non fu lunga. Il motivo era Do You Really Want To Hurt Me dei Culture Club, ma Eduard era sicuro che l’avesse scelto il figlio Giampaolo, avvocato anche lui ed erede dell’attività.

– Ma sei davvero Eduard?
– Sì, buonasera avvocato…
– Il figlio di Germano? Quell’Eduard?
– Ma sì, sono proprio io, avvocato!

[gli articoli e le anticipazioni di Terminal nebulosa]


Franco GarofaloL’autore

Franco Garofalo (1957) è un autore di testi letterari, teatrali, cinematografici e saggistici da vari decenni. Insegna Filosofia e Storia nei licei italiani, ma ha anche insegnato all’estero.

Ha lavorato anche come regista programmista a RAITRE (Il Sale della Satira, 1985) e RAIUNO (Più grandi insieme – Anteprime cinema, 1987). Nel corso della sua carriera ha ricevuto diversi premi e lusinghieri riconoscimenti da parte della critica giornalistica nazionale.