Flatus vocis… è una raccolta di versi di Peleo Bacci pubblicata nel 1894. L’opera si configura come una raccolta suddivisa in tre sezioni, comprendente in tutto 24 componimenti. Si tratta di poesie brevi, spontanee, che racchiudono temi semplici ma al tempo stesso profondi attraverso un mondo di paesaggi rurali e atmosfere suggestive soffuse da una profonda malinconia; il tono predominante è il senso di abbandono e di solitudine. Proprio per queste caratteristiche, Flatus vocis… sembra accostarsi molto ad alcuni tratti fondamentali della poesia pascoliana, specialmente se confrontato con la prima raccolta di Pascoli, Myricae, pubblicata per la prima volta nel 1891 (quindi tre anni prima dell’opera di Bacci). Questa analogia si coglie soprattutto nella profusione di significati simbolici profondi e suggestivi, nella presenza costante della natura, nei paesaggi descritti come attraverso un quadro impressionista, nella forma schietta e semplice della poesia, nonché nella musicalità stessa delle parole.

Con questa piccola opera Bacci dimostra una grande maturità poetica nonostante la sua giovane età (quando pubblicò la raccolta era appena laureato in Giurisprudenza). Nella prefazione, il poeta Giovanni Marradi, suo professore di liceo, scrisse di trovare in questi versi «una simpatica sincerità di malinconia che molte volte li ispira; malinconia naturale, e non affettata e romantica». La formazione culturale del giovane Bacci deve non poco all’influenza di Marradi, il quale era stato a sua volta condizionato dall’insegnamento di Carducci.

In Flatus vocis… possiamo dunque ammirare l’opera di un giovane e sconosciuto poeta capace di trasmettere immagini e sensazioni ispirate dai maggiori poeti italiani degli ultimi decenni dell’Ottocento. Questa è l’unica opera lirica di Bacci, che dopo un periodo avventuroso in Grecia e in Africa dedicò tutta la sua vita a un’intensa e fruttuosa carriera nell’ambito della tutela dei beni culturali e nello studio dell’arte. La sua raccolta poetica rappresenta dunque un piccolo tesoro da scoprire.

Sinossi a cura di Sofia Fagiolo

Dalla prima lirica Cantilene:

O cantilene lungo le vallate
de’ patrii fiumi fragorosi e sordi,
mentre fra’ pruni e l’edere baccate
zirlano i tordi;

o cantilene fievoli de’ monti
echeggianti pei balzi e pei declivi,
nel pallore dorato de’ tramonti,
nel grigio delle nebbie e degli olivi;

o lente cantilene pistoiesi,
io da voi trassi la malinconia
dolce del suono tenue, che intesi
per la verde campagna solatìa:

da voi che siete le serene, antiche
sacre canzoni dell’enotria gente,
che i padri incanutire alle fatiche
vedesti, curvi all’erpice e al bidente;

che palpitate come aléna stanca
pe’ campi interminabili di grano,
che sospirate il pane quando manca,
sudato invano!

Scarica gratis: Flatus vocis… di Peleo Bacci.