Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Il santo di Antonio Fogazzaro.
Pubblicata nel 1905, l’opera costituisce il terzo elemento della tetralogia ‘Maironi’ e fa immediatamente seguito a Piccolo mondo moderno. Protagonista è ancora Piero Maironi, che alla fine del precedente romanzo scioglieva il dissidio interiore tra il forte senso del dovere e lo spirito di ribellione a quella morale borghese, scomparendo e rendendosi irreperibile.
In quest’opera, come nella successiva Leila, viene esasperata la battaglia modernista e il tema del contrasto tra fede e sensi, tra fede e scienza. L’autore sente fortemente vivo il bisogno di una fede in armonia con la scienza moderna.
In questo romanzo leggiamo di Piero, che abbandona la vita attiva, cercando prima pace e serenità all’interno di comunità di frati e poi ritirandosi in solitudine, acquistando fama di santo e cominciando a divulgare dal suo eremo idee di profonda rigenerazione della Chiesa.
Ma il ‘mondo’ con le sue lusinghe insidia e attenta, suo malgrado, la sua santità, il suo desiderio di ascesi.
Il santo, sarà messo all’indice, il 5 aprile del 1906, dalla reazione antimodernista di papa Pio X provocando profondo sconforto nello scrittore (1).
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi.
(1) Per chi volesse approndondire https://www.avvenire.it/agora/pagine/fogazzaro-santo-ma-nella-chiesa
Si ringraziano gli studenti del “Laboratorio di Analisi, Trattamento e Produzione di Testi” del D.A.M.S. dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, http://www.bs.unicatt.it/, a.a. 1999-2000, per aver realizzato l’edizione elettronica del testo.
Dall’incipit del libro:
Jeanne si posò aperto sulle ginocchia il volumetto sottile che stava leggendo presso la finestra. Contemplò pensosa dentro la ovale acqua plumbea dormente a’ suoi piedi il passar delle nubi primaverili che ad ora ad ora trascoloravano la villetta, il giardino deserto, gli alberi dell’altra sponda, le campagne lontane, a sinistra il ponte, a destra le quiete vie che si perdevano dietro il Bèguinage, e i tetti acuti della grande mistica morta, Bruges. Ah se quella Intruse di cui stava leggendo, se quella funerea visitatrice movesse ora, invisibile, per la città sepolcrale, se le rughe brevi dell’acqua plumbea fossero l’orma sua, s’ella toccasse già la riva, la soglia della villetta, con il suo sospirato dono di sonno eterno! Suonarono le cinque; su su, presso le bianche nubi, magiche voci d’innumerevoli campane cantarono sopra le case, le piazze, le vie di Bruges il malinconico incantesimo che ne eterna il sopore. Jeanne si sentì su gli occhi due mani fresche, un’aura profumata sul viso, e sui capelli un alito, un sussurro «encore une intruse!» un bacio. Non parve sorpresa. Alzò la mano ad accarezzare il viso chino sopra di lei e disse solamente:
«Addio, Noemi. Magari fossi tu l’Intruse!»
La signorina Noemi non intese.
«Magari?» diss’ella. «È italiano, questo? Non è arabo? Spiegati subito.»
Jeanne si alzò.
«Non capiresti lo stesso» diss’ella con un sorriso triste. «Dobbiamo fare il nostro esercizio di conversazione italiana, adesso?»
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