L’interessante breve saggio di Carlo Del Lungo, comparso su “Nuova antologia” del 16 maggio 1902, analizza la correlazione tra le pagine sulla peste de I promessi sposi di Alessandro Manzoni ed il libro Del morbo petecchiale… e degli altri contagi in generale del medico Francesco Enrico Acerbi (1785 – 1827). Occasione è il ‘recente’ focolaio della peste orientale sviluppatosi a Napoli nei primi anni del ‘900.
L’autore sottolinea da una parte la rigorosa ricerca delle basi scientifiche operata a monte da Manzoni, affidandosi alle pagine di Acerbi, prima di elaborare, nel suo capolavoro, le pagine destinate a descrivere cause ed effetti della peste del 1630 che devastò la Lombardia:
“Non diremo certo che la storia della peste il Manzoni l’abbia scritta per i medici e i naturalisti, ma sarebbe uno sproposito il dire che non l’abbia scritta anche per loro: poichè egli presenta quel che è il fondamento di ogni ricerca scientifica, la descrizione esatta dei fatti nel loro ordine.”
Nello stesso tempo Del Lungo desidera conferire un giusto riconoscimento alla attività scientifica di Acerbi, per la sua ricerca sui “contagi organizzati e viventi” che, “fino allora raramente e timidamente proposta”, è indubbiamente, pur condotta con tutti i limiti degli scarsi mezzi e “per sola virtù di ingegno e di studio”, da annoverare tra le basi di tutta la moderna batteriologia.
Gli anni in cui scriveva Manzoni “sulla causa delle malattie infettive e contagiose si sapeva ben poco”. Egli pertanto lesse l’opera di Acerbi e probabilmente ne fu anche amico.
“Finchè non è così [cioè fino a quando l’importanza dell’opera di Acerbi non sarà giustamente ricordata], può riuscire di conforto il sapere che tal ricordo egli l’ha in un libro che durerà più d’ogni pietra.”
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
Quando, or sono pochi mesi, la peste orientale comparve in Napoli, e gli energici provvedimenti del Governo, guidati da una scienza che ormai conosce il nemico, la soffocarono vittoriosamente in sul nascere, mi piacque di tornare a rileggere le famose pagine manzoniane su quella epidemia del 1630 portata in Lombardia dai lanzichenecchi dell’imperatore Ferdinando. A rileggerle fui mosso dal proposito di considerare quella narrazione, che ha già tre quarti di secolo, da un aspetto tutto moderno; considerarne cioè l’importanza e il merito, rispetto alle cognizioni odierne sopra le cause e le vie dei contagi e sui mezzi per combatterli.
Debbo subito dire d’avere avuto la conferma di quel che m’immaginavo, e cioè che, anche sotto questo aspetto cosi particolare, la narrazione manzoniana mi parve grandeggiare, anzichè essere in qualche cosa diminuita: talchè, scrivendo oggi, l’Autore non avrebbe necessità di cambiar nulla: in somma mi parve aver noi, all’alba del secolo XX, ragioni di più per ammirarla e apprezzarla, che non i primi e più antichi lettori del secolo passato.
Scarica gratis: La peste nel racconto del Manzoni e le idee di un medico lombardo di Carlo Del Lungo.