(voce di SopraPensiero)

 

“In quel mentre, un ragazzo dietro di lui si rizzò sul banco e si mise a fare la marionetta. Egli si voltò tutt’a un tratto; il ragazzo risedette d’un colpo, e restò lì, col capo basso, ad aspettare il castigo. Il maestro gli pose una mano sul capo e gli disse: — Non lo far più. Nient’altro.” (Cuore, Il nostro maestro, martedì 18) L’insegnante prosegue confidandosi con i suoi allievi, confessa di essere solo al mondo ora che ha perso la madre e di ritenere la classe la sua unica famiglia. Una lezione di grande umiltà impartita da un maestro della pedagogia, Edmondo De Amicis che in questo celeberrimo brano ci descrive un ideale di scuola veramente aperto, empatico nel significato autentico della parola, dove l’insegnante palesa i suoi sentimenti a ragazzi che sono in grado di apprezzare un comportamento sinceramente amichevole, una lezione che probabilmente andrebbe recuperata oggi da ambedue le parti, studenti e formatori.

De Amicis non è stato l’unico scrittore a puntare l’indice sui metodi educativi eccessivamente severi che venivano solitamente adottati nel XIX secolo, proponendo esempi di atteggiamenti alternativi caratterizzati dalla comprensione e dalla dolcezza, ma anche dalla possibilità di valorizzare l’iniziativa e la fantasia, doti che di solito i ragazzi possiedono se non vengono deviati. Basti ricordare come il più o meno contemporaneo Lewis Carroll propone al lettore un mondo abitato da creature fantastiche per concedere libero sfogo alla sua protagonista, ma anche Pinocchio e Gian Burrasca, all’apparenza monelli assai disubbidienti, non sono altro che il prodotto di un sistema pedagogico che sviliva le qualità dei più giovani, rendendoli adulti infelici.

Quando Alice nel suo primo libro cade nel tunnel che la conduce nella stanza d’ingresso del “Paese delle meraviglie” sta trascorrendo un monotono pomeriggio in compagnia di sua sorella. L’evasione reale o fantastica – il finale lascia spazio a più di un’interpretazione – le consente di accendere la sua fantasia come probabilmente desiderava fare da tempo e di conoscere una lunga serie di luoghi e creature fantastiche insoliti agli occhi del lettore adulto, ma suggestivi e stimolanti per una bambina. I canoni educativi e di comportamento del suo tempo avrebbero impietosamente impedito ad Alice di vivere un’avventura del genere, ma Carroll non può negare la felicità al suo personaggio, probabilmente pensando di fare anche un dono gradito a tutti i piccoli del suo tempo, e lascia che sia lei a narrare la sua storia, nella certezza che il lettore apprezzerà il fascino di un racconto incentrato sul punto di vista di una bambina.

Fin dalla sua originale nascita Pinocchio è un bambino disubbidiente incapace di porre un limite alle monellerie, è di legno e sembra proprio che la materia di cui è fatto rappresenti il suo ostinato rivelarsi talmente rigido da non poter assimilare i giusti insegnamenti. La sua natura finisce per essere ulteriormente corrotta dalle tentazioni che incontra lungo il cammino, offerte da un mondo che non ha interesse a redimere un ragazzino capriccioso, in realtà tanto ingenuo da credere che le monete d’oro possano crescere sugli alberi. Le istituzioni, per prima la scuola, non offrono alcuno stimolo per attrarre l’attenzione del burattino e avvicinarlo al processo educativo. E anche se nel finale doverosamente lieto Pinocchio pone fede finalmente alle sue promesse lo fa solo per amore del padre, ma non ha avuto modo di maturare per quello che dovrebbe essere il percorso dei ragazzi della sua età, da un insegnamento rigido alieno al valore della cultura non riceve nessuna formazione.

Nella storia di Giannino Stoppani, protagonista dell’opera di Luigi Bertelli Il giornalino di Gian Burrasca, ancora una volta è palese la condanna a una società perbenista e ipocrita, incapace di plasmare i giovani e indirizzare la loro vivacità verso attività educative. Il bambino, come è ben noto a ogni adulto che da piccolo è stato un suo lettore, è esuberante, combina continuamente guai, ma ha un’indole buona, ha bisogno solo di essere indotto a capire i veri valori della vita. Ma nessun membro della sua famiglia è in grado di redimerlo, tantomeno il padre interessato solo a scaricare ogni responsabilità agli insegnanti del collegio. E non cede a questa alternativa dopo aver cercato di svolgere fino in fondo il suo ruolo, ma la auspica già dai primi pasticci del figlio.

Dire cosa resta oggi dell’insegnamento che attraverso gli anni ci è giunto da queste opere letterarie e pedagogiche è veramente arduo. Per avanzare delle ipotese è indispensabile cercare di capire se il messaggio di questi scrittori può essere contestualizzato alla società attuale, non repressiva ma casomai troppo permissiva, non punitiva ma spesso incapace di valorizzare o tantomeno impiegare le attitudini dei giovani, purtroppo ancora troppo ipocrita. Senza dubbio De Amicis, Bertelli, Lorenzini e Caroll restano un esempio da prendere in considerazione, la loro lezione sia che si sia in grado di metterla in pratica, sia che ci appaia troppo lontana nel tempo, non sarà dimenticata, un insegnamento basato sulla profondità dei sentimenti che è l’aspetto più prezioso della vita umana.

 

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Giampaolo Giampaoli
Giampaolo Giampaoli nasce a Lucca il 12 febbraio 1973. Dottore di ricerca in storia e sociologia della modernità, titolo conseguito presso il dipartimento di Scienze Politiche di Pisa, insegna materie letterarie nella scuola. Pubblica la sua prima raccolta "Diario di poesia" per l'Editrice Prospektiva nel 2002, a cui segue alcuni anni dopo "Frammenti", silloge in e-book realizzata per l'Associazione Cesare Viviani di Lucca. All'impegno nella poesia si affiancano le collaborazioni per varie riviste letterarie on line con recensione e articoli su manifestazioni culturali. Recentemente ha pubblicato in e-book una nuova raccolta di liriche dal titolo "La qualità dei sentimenti" nei libri di Pagina Tre.