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Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub Gelosia di Alfredo Oriani.
Gelosia (1894) è il dramma dello squallido amore provinciale di un giovane e un po’ inetto avvocato per la bella e alquanto frivola moglie del suo maturo principale. Della quale diviene l’amante, ma senza gioia vera, perché la giovane gli getterà in faccia i successi e la ricchezza del marito, rendendolo geloso e abbandonandolo infine alla solitudine della provincia. Un saggio magistrale di psicologia, ma anche un quadro rigoroso, convincente, potente a tratti, della vita borghese di una cittadina, Faenza.
Sinossi tratta da Fondazione Casa di Oriani
http://www.fondazionecasadioriani.it/modules.php?name=IlCardello&cid=4
Dall’incipit del libro:
Nell’afa del meriggio Mario sollecitava colla frusta il grasso cavallo.
La strada, larga e dritta, in quell’incendio di sole sembrava confondersi col tremolìo dell’aria, entro la quale la polvere, sollevandosi, metteva tratto tratto una nebbia giallognola. Il caldo era soffocante. L’ombra, ritiratasi sotto gli alberi, ne allargava la base dei tronchi, e l’erba appariva sporca sui margini dei fossi, mentre nella strada solitaria il solco dei veicoli e l’orma dei piedi si vedevano sino molto lungi, profondi quanto nel fango.
Non s’incontrava anima viva. Solo il coro delle cicale, nascoste fra le fronde, seguitava a cantare con tale monotonia, che vi si sentiva sotto l’oppressione del silenzio. Poi qualche uccello, staccandosi dalla cima di un albero, sembrava gettare un lieve strido d’impazienza, e passava rapido nel sole.
La vecchia e larga carrettella era già tutta bianca.
Mario, abbandonato sull’alto dossale, cogli abiti scottanti e le redini lente, si era calcata la cappellina di paglia gialla sugli occhi, e ogni tanto li socchiudeva. Al disopra delle siepi spessi lampi gli giungevano, accesi dal sole sulla lucentezza metallica delle foglie; vedeva un nuvolo d’insetti aggirarsi in vortice denso e silenzioso; poi un tafano schizzava rapidissimo intorno al cavallo, gli si librava sul collo, sulle reni, sulla groppa,sfuggendo d’un colpo per ritornare coll’insistenza di una velocità, che nulla poteva stancare.
Il viaggio non era lungo.