Dall’incipit della tesi:

Sarà capitato a tutti, prima o poi, di pensare o di sentire una frase più o meno del senso: ah, se si riuscisse a ridurre l’afa estiva conservandone il calore per l’inverno… La reazione è invariabilmente un sorriso ed una scrollata di spalle: eppure mai come adesso l’Umanità è stata vicina a rendere economicamente conveniente e tecnologicamente possibile, anche se non proprio in quei termini, lo sfruttamento sistematico dell’energia del Sole. In Italia dipendiamo per l’82% del nostro fabbisogno energetico dal petrolio: utilizzare le fonti rinnovabili è risparmio di risorse economiche ed ambientali. Una regione montuosa e soleggiata, come la Basilicata, è particolarmente indicata ad ospitare impianti solari domestici per la produzione di elettricità: è provato infatti che le celle fotovoltaiche (in particolare di silicio mono o policristallino) diventano più efficienti quando la temperatura esterna non è alta (come avviene in montagna, anche in piena estate); inoltre, l’orografia accidentata rende costose le infrastrutture.
Nei centri urbani, la cura dell’interfaccia fra i piccoli impianti fotovoltaici e la rete di distribuzione dell’energia elettrica è la frontiera strategicamente più importante, non solo per Paesi fortemente dipendenti dalle importazioni di combustibili fossili (come l’Italia), ma per l’intera economia mondiale, che si trova a dover limitare le emissioni di gas serra ed a dover trovare un utilizzo più razionale per gli idrocarburi, che per alcune lavorazioni sono tuttora insostituibili (ad esempio, alcune materie plastiche e solventi industriali).
Stante la situazione legislativa attuale, che vede l’ENEL costretta a comperare il kWh fotovoltaico ad un prezzo superiore al costo di produzione e quindi non conveniente, il privato difficilmente riesce a vendere il surplus energetico al gestore della rete elettrica. Si impone quindi la presenza, all’interno o nei pressi dell’edificio (specialmente se isolato), di opportuni sistemi di conservazione dell’energia prodotta in estate, perché sia sfruttata in inverno, quando l’insolazione cala ed il consumo cresce. Questi, a parte gli accumulatori chimici, ancora costosi ed ingombranti, possono essere (per la conservazione a lungo termine) celle a combustibile, che ricavano elettricità e calore dalla combustione elettrochimica di idrogeno o suoi composti, o (per il breve termine) motori che possano aumentare l’inerzia rotazionale di massicci volani a basso attrito.
Relatore prof. arch. Antonella Guida e ing. Nicola Cardinale, anno accademico 1997/98, Università degli Studi della Basilicata, Facoltà di Ingegneria, corso di laurea in Ingegneria Civile Edile.

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