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(voce di SopraPensiero)Essendo oggi la giornata della memoria ho deciso di parlarvi di un classico della guerra mondiale, ovvero “Se questo è un uomo” di Primo Levi.
Il libro racconta di un uomo catturato dai nazisti e deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. Questa è la storia di Primo Levi, un uomo deportato a causa dei suoi ideali e privato di tutti i suoi averi ma soprattutto della sua libertà e della sua dignità.
Questo libro personalmente mi è piaciuto molto nonostante non sia per niente leggero dal momento che tratta tematiche impegnative talvolta anche in maniera abbastanza forte. Ne consiglio vivamente la lettura perché è un romanzo che ti apre gli occhi, che ti fa capire quanto male può arrivare a fare un essere umano, e che ti racconta ciò che realmente accadeva all’interno dei lager, quelle gabbie in cui veniva imprigionato l’uomo. Tutto ciò viene spiegato attraverso la terribile lotta alla sopravvivenza che riduceva l’uomo a pensare solo ed esclusivamente al proprio bene individuale piuttosto che cercare di aiutare le persone che stavano attorno a lui. Qui infatti si era ridotti a vivere in condizioni disumane, trattati come oggetti di scarso valore o addirittura come banali numeri, costretti a lavorare come schiavi di giorno e anche di notte se serviva. Era dunque difficile sopravvivere e si doveva cercare di fare di tutto per resistere, anche mettere da parte l’altruismo. C’è un episodio del libro in cui si dice infatti che Levi tiene un pezzo di pane per sè piuttosto che dividerlo con qualcun altro che non era riuscito ad averne.
Sappiamo che la vita nel campo era stata organizzata per distruggere l’umanità dei deportati oltre che per sterminarli e Levi mette in luce proprio questo aspetto in un altro episodio altrettanto importante che possiamo trovare verso la fine del libro: è morto Somorgyi e non c’è tempo per portarlo fuori e seppellirlo, ci sono altre priorità, e Charles, un amico del protagonista afferma “I vivi sono più esigenti, i morti possono anche aspettare.”
Levi si chiede se è un uomo chi uccide, chi divide un letto con un cadavere, chi attende che il suo vicino muoia per avere un suo pezzo di pane.
Ecco, io penso che questo libro debba essere letto da tutti non solo per tramandare queste atroci testimonianze ma anche per far sì che ciò che è accaduto in passato non si ripeta più e che l’uomo non possa ricadere nel baratro dell’ignoranza, quell’ignoranza chiamata razzismo.