(voce di SopraPensiero)

Siamo così abituati a pensare alla scienza (anche perché gli scienziati non fanno nulla per farci cambiare idea) come a qualcosa di oggettivo e alla verità come incontovertibile, in grado di affermarsi praticamente da sola […] che spesso dimentichiamo che anche la scienza, come tutte le cose che facciamo sotto al cielo, è un’attività umana, intrisa di fallibilità e anche di irrazionalità, soggetta a tutti i sentimenti e gli umori delle persone che la incarnano, talvolta piegandola ai propri scopi personali, fino ad arrivare in qualche caso alla menzogna e alla frode. Ma anche senza voler spingersi fin lì, il punto è che la verità, nella scienza, non la si desume, bensì la si costruisce: esperienza dopo esperienza, modello dopo modello. E questa verità richiede che la si esponga nella maniera giusta, e che vi sia in chi la ascolta un «ambiente» ricettivo e non ostile. Ecco perché accade – è accaduto nella storia della scienza; anzi, per meglio dire, delle scienze – che un’idea anche buona si trovi ad essere scartata per venir magari rivalutata dopo la morte dell’autore, o addirittura secoli dopo: facendo dire ai testimoni postumi (per molte cose oggi lo siamo noi) che tanti geni della fisica, della chimica, della biologia, avevano ragione, ebbene sì, ma troppo presto…
Laurent Lemire ha il merito di porre all’attenzione – nonostante la sua sia una ricostruzione più che altro storica – una questione ancor oggi fondamentale (e poco consolidata) in epistemologia: l’intuizione per la quale il lavoro scientifico non è affatto oggettivo e, per così dire, «automatico» (nel senso che sia in grado di far emergere inesorabilmente il vero). Il vero non è in grado di emergere da solo, neanche nella scienza: se la verità non viene accolta (in buona come in cattiva fede) dalla comunità dei ricercatori hai voglia di gridare che è vera. Motivo agostiniano mai apprezzato a sufficienza: il credere accompagna il sapere, non si può farne a meno. Peccato che, al di là delle suggestioni filosofiche, la trattazione dei tanti casi di scienziati «troppo avanti» sia affidata più al gossip che al merito tecnico delle questioni, come se l’obiettivo fosse più catturare la curiosità del lettore che favorirne la comprensione e l’approfondimento.


L. Lemire, Scienziati troppo avanti. 20 precursori in anticipo sui tempi, ed. Odoya, 2014, pp. 272, euro 18.

Articolo precedenteI temi dei Balilla. Un libro Cultura e dintorni di Giancarlo Ottaviani
Articolo successivoA scuola di felicità e decrescita: Alice Project. Ecco il nuovo libro di Gloria Germani
Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.