Come narra la sua biografia, London scrisse Zanna Bianca (White Fang) circa tre anni dopo Il richiamo della foresta (The Call of the Wild). Il libro apparve per la prima volta a puntate tra il maggio e l’ottobre del 1906 su “Outing”, una rivista di letteratura e di sport.

Anche in questo romanzo, come nel precedente citato, si parla di corsa all’oro, di climi estremi – siamo nel cuore dello Yukon –, di violenza, di vite al limite della sopportazione e… di cani e di lupi. Nel caso del Richiamo l’autore era ancora fresco delle esperienze del Grande Nord che lui stesso aveva vissuto in prima persona e che aveva da poco concluso. Zanna Bianca venne invece composto dopo un’esperienza da corrispondente nella guerra russo-giapponese. Tornato in patria, nel 1905 il trentenne London acquistò un grande ranch in California che chiamò Wolf House. L’impresa fallì rovinosamente ma fu dato alle stampe Zanna Bianca. È quasi naturale vedere in questo romanzo un forte desiderio dello scrittore di un momento di pace e di quiete.

Per prima cosa togliamo l’idea che questo sia un libro per giovani lettrici e lettori. Non lo è, così come non lo è Il richiamo della foresta. Sono semplicemente, e questa è la loro straordinarietà, degli splendidi libri per tutte e tutti, per ogni età, ed infiniti sono i piani di lettura. Altro elemento da escludere, soprattutto dopo aver letto Il richiamo della foresta, è che questo nuovo romanzo sia il proseguimento di quello. London stesso scrisse al suo editore Macmillan, annunciando il nuovo volume, che Zanna Bianca “è il libro compagno, non il seguito” del Richiamo. Buck, il cane del primo romanzo, che viene rapito dalla sua casa in California e che sente prepotente l’appello del wild, non è assolutamente il lupacchiotto poi animale adulto, audace e forte, protagonista del secondo romanzo, nelle cui vene circola un quarto di sangue di cane.

Quello che è comune ai due è piuttosto il doloroso percorso che porta il primo a ritrovare, a riconoscere in sé e ad accettare la parte selvaggia, e il secondo ad ammettere che, oltre alla “legge della mazza e dei denti”, l’unica nella quale sia stato allevato, esista anche la forza dell’amore.

Entrambi gli animali sono descritti come ricchi di grande intelligenza e, quando serve, di astuzia, con uno straordinario spirito di adattamento e un’altrettanta straordinaria capacità di evolversi in modi sempre nuovi e utili per sopravvivere. I due romanzi sono raccontati dal punto di vista degli animali protagonisti; se fossero film, potremmo dire che sono ‘girati’ con una inquadratura mobile, spesso molto mobile, in campo medio, a figura intera e con una potente Steady-cam. Zanna Bianca è la scena!

La corrispondenza dell’uomo con la natura, il suo rapporto con la violenza, con l’ingiustizia, con la morte sono elementi carsici in tutta l’opera. E la doppia indole del cane e del lupo in Zanna Bianca, ‘selvatico’ e insieme addomesticato – o per lo meno addomesticabile – alla vita con gli esseri umani, è in fondo un’ambiguità che riguarda nel profondo tutti noi.

Anche per questo lavoro, Liber Liber offre l’ottima traduzione di Gian Dàuli.

Segnalo volentieri il lavoro Ballata di uomini e cani (2010) del regista, attore e scrittore Marco Paolini, tutto dedicato al Jack London e reperibile su RaiPlay. La rielaborazione scenica di Paolini – che egli stesso definisce un “canzoniere teatrale con brani tratti da opere e racconti di Jack London e con musiche e canzoni ad essi ispirate che non svolgono funzione di accompagnamento ma di narrazione alternandosi e dialogando con la forma orale” – ripropone tre racconti dell’autore statunitense: Macchia (That Spot), Preparare il fuoco (To Build a Fire, 1902 e 1908) – entrambi contenuti nella raccolta Perdere la faccia (Lost Face, 1910) – e Bastardo (Bâtard oppure Diable – A Dog, 1902), della raccolta La fede degli uomini (The Faith of Men and Other Stories, 1904).

Buona lettura e buona visione!

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Da ciascun lato del fiume gelato, si stendeva l’immensa foresta d’abeti, fosca e minacciosa. Gli alberi, sbarazzati di fresco del loro manto di brina dal vento, sembravano appoggiarsi gli uni sugli altri, neri e fatidici, contro la luce del giorno che impallidiva. La terra era tutt’una desolazione infinita e senza vita, dove nulla si moveva, e così fredda e deserta che, davanti ad essa il pensiero stesso si ritraeva, sorpassando la tristezza. Una specie di voglia di ridere pareva sopraffare l’animo ed era un riso tragico, come di Sfinge, un riso agghiacciato e senza gioia, come un sarcasmo dell’Eterno sulla futilità della vita e sulla vanità dei nostri sforzi. Era il Wild, il Wild selvaggio, gelido nel profondo del cuore, della terra del Nord.

Scarica gratis: Zanna bianca di Jack London.