Pubblicato in volume per la prima volta nel 1979, questo testo fu scritto nel 1943 e pubblicato in cinque puntate sulla rivista “Film”. Chi conosce già il Savinio “biografo” – per esempio attraverso lo scritto Maupassant e l’altro, già pubblicato su questo sito – sa che non potrà attendersi da questo breve testo una articolata biografia del noto drammaturgo e poeta norvegese. Savinio dice:

«i biografi sono dei fotografi di fotografie per tessere. Ma registrare la vita di Ibsen a noi che importa?»

Nell’interesse per la biografia in Savinio prendono corpo storia, memoria, individualità e morte.

«La biografia per noi è un gioco segreto. Noi scriviamo di tanto in tanto anche delle biografie, per desiderio di compagnia: per farci un gruppo di amici; per aumentare il numero dei nostri figli… Dico bene: per aumentare il numero dei nostri figli».

La caratteristica cardine della scrittura saviniana è la divagazione, che può, apparentemente, sconfinare con il “fuori tema”. Ma in questo caso invece la divagazione diviene centrale e, per l’epoca, certamente audace e non certo fulcro di un dibattito né letterario né sociale. Savinio affronta, ovviamente ispirato da Ibsen, il tema della donna e del femminismo. E lo fa con ironia e insieme con precisione intellettuale costruendo un’idea che risulta precorritrice in maniera sorprendente. Ma non solo sul tema del femminismo Savinio si trova a identificarsi con Ibsen. Anche il tema dell’infanzia viene trattato – in Tragedia dell’infanzia – ispirandosi alla tematica ibseniana di Peer Gynt. Anche per questo, forse, può rivolgersi al biografato come a un vecchio conoscente, un amico:

«Nello scrivere la tua vita non avevo l’impressione di scrivere “una” vita, ma mi pareva di scrivere la mia propria. Se parlavo dei tuoi sentimenti, sentivo indi a poco che esprimevo i miei propri sentimenti. Se riferivo i tuoi pensieri, mi accorgevo indi a poco che tiravo fuori i miei propri pensieri.»

A fianco di Ibsen quindi Savinio porge testimonianza su come sia pesante la rinuncia a cui gli uomini – nel significato del tedesco Mensch, ossia di uomo e donna, come spiega efficacemente Savinio stesso – sono costretti dalle «riduzioni burocratiche delle necessità dell’esistenza» e dallo «svaporamento delle illusioni». Ma diversamente da altre opere precedenti, qui troviamo raggiunta una coinvolgente calma di linguaggio e di espressione, non disgiunta dalla forza innovatrice e creatrice. L’azione del femminismo viene paragonata al traforo del Sempione: da un versante le femministe e dall’altro i femministi, alla testa dei quali è giusto porre Ibsen, si incontreranno non nel cuore e nella profondità della montagna ma nel cuore e nei centri nevralgici della società. Questa metafora sta al centro della riflessione di Savinio, e la trovo particolarmente riuscita e affascinante.

Ancora Savinio trova il suo punto di contatto con Ibsen nel dipingere uomini e donne con teste di animali:

«Dipingo uomini e donne con teste di animali […] perché in queste forme apparentemente ibride e fondamentalmente armoniose e complete, è l’espressione del carattere umano più profondo e più sacro».

Questa commistione tra inconscio e cosciente riprende tematiche già sviluppate in Hermaphrodito – che infatti Savinio stesso cita in questa Vita di Ibsen – e che trovano ulteriore profondità con le riflessioni sulla lingua della società e della cultura, che spesso finisce per collocarsi tra l’animalesco e l’umano. Dice infatti alla voce Antenati di Nuova enciclopedia:

«Quelle mie pitture sono “studi di carattere”, meglio ancora ritratti. Perché il ritratto, il vero ritratto, è la rivelazione dell’uomo nascosto. Il quale ora è un gatto, ora un cervo, ora un maiale. Più di rado un leone».

Savinio segnala a chi legge due suoi “refusi” che ha corretto. Questo gli serve per sottolineare ancora una volta la forza e l’importanza delle parole:

«le parole, assetate di libertà, assetate d’indipendenza, assetate di “personalità” ci mostrano di tanto in tanto, con la complicità delle macchine da scrivere (questi strumenti della emancipazione della parola: prima delle macchine da scrivere – prima della tipografia – le parole erano condannate a una infrangibile schiavitù, erano «nella mano» dell’uomo) le parole ci mostrano anche l’altro loro volto: il loro “vero” volto: il volto della loro anima libera.»

La natura delle parole è quindi nella loro forza. E il linguaggio e la narrazione saviniana le preserva da ogni tipo di manipolazione proprio perché ne accetta l’ambiguità, l’ironia, ma anche gli eccessi e le ripetizioni.

Il testo è corredato da sei tavole disegnate da Savinio particolarmente utili per rafforzare il discorso affrontato dall’autore e soprattutto per trasmettere la sua idea di “biografia” che non è ricostruzione di eventi di una vita ma penetrazione nella storia, e per diventare, tramite questa, operazione del futuro, esperienza del nuovo.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Il Northmannaland, che con parola più mite noi chiamiamo Norvegia, è l’«ultima Grecia» dell’Europa. Per ora. E da quando la sua faccia si è inalbata. Una volta, quando la faccia di questa iperborea signora era velata ancora, essa rientrava in quel circuito di misterioso nulla in mezzo al quale come un cono di nebbia sorgeva l’ultima Tule. In progresso di tempo può darsi che una Grecia supplementare sorga in zone anche più settentrionali; che so? nella Groenlandia forse, ove alla nascita di un’«altra» Grecia soccorrerebbe anche il nome Terra Verde.
S’intende per «Grecia» un modo di pensare, di vedere, di parlare che la mente, l’occhio, l’orecchio possono afferrare «di colpo»: possono afferrare in un pensiero solo, in uno sguardo solo, in una sola audizione. S’intende per «Grecia» una mente portatile e nei modelli più alti tascabile. S’intende un cervello, un occhio, una voce in comparazione ai quali ogni altra voce diventa muta, ogni altro occhio cieco, ogni altro cervello «materia grigia». S’intende la facoltà consentita a taluni popoli e negata ad altri di intelligere la vita nel modo più acuto e assieme più «astuto», più lirico e assieme più «frivolo» (i nostri dèi sono leggeri)…

Scarica gratis: Vita di Enrico Ibsen di Alberto Savinio.