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L’esordio in campo letterario dell’autrice, che però non gode di particolare successo, a cui seguirà una seconda raccolta di poesie intitolata Vespri di maggio (1896). Decisamente più importante è la sua produzione narrativa, dove la Tartufari riesce a dare il meglio di sé.
Dall’incipit del libro:
Il sol risplenda o fischi la bufera,
Rida fresco il mattino e lo stillante
Rorido manto sciolga o della sera
Il vel gemmato si dispieghi; errante
Io m’aggiri pei boschi o su leggera
Barca discorra l’ampio mar sonante
O, in primavera, ascolti, pei giulivi
Meriggi, fermentar li arati clivi.
Nei giuochi della luce agile e bionda,
Nei sibili del vento, ne le stille
Del nascente mattin, nella profonda
Pace del dì che muor, ne le tranquille
Ombre dei boschi, nel balzar dell’onda
Che si gonfia, si frange e di faville
Spruzza l’aria all’intorno, nella terra
Che dal grembo gestante il gran disserra,
Io me stessa ritrovo. Estasïata
L’anima contemplante si trasmuta
Nelle cose che mira, onde legata
Alle cose mi sento da un’arguta
Comunanza di moti, onde sì grata
M’è la vita dei campi, onde la muta
Materia per me vive e si ridesta
Per me dal suo stupore la foresta.
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