Tragedia dell’infanzia fu pubblicato in volume la prima volta nel 1937 e ripubblicato in una nuova edizione nel 1945 con una prefazione dell’autore e numerose varianti testuali. L’edizione di riferimento per questo e-book, Einaudi 1976, si rifà all’edizione Sansoni del 1945. Tuttavia, come avverte l’autore stesso in una nota – qui in calce al capitolo Sconforto – la stesura risale al 1919 e diversi capitoli furono pubblicati su riviste a partire dal 1922. Nella vita di Savinio quel periodo è caratterizzato dall’abbandono della musica per dedicarsi appunto alla nuova attività della scrittura scrivendo tre romanzi e collaborando a riviste importanti come “Valori plastici” e “Ronda”.
Il tema dell’infanzia fornirà molto spesso il filo conduttore della struttura letteraria delle opere di Savinio, anche al di là delle opere a questo tema esplicitamente dedicate (oltre a questo Tragedia dell’infanzia ricordiamo Infanzia di Nivasio Dolcemare, già presentato in questa biblioteca Manuzio). Per avvicinarsi al sogno dell’infanzia Savinio sembra seguire l’idea del fratello pittore, Giorgio De Chirico, che scrisse che “un’opera d’arte per essere veramente immortale deve uscire veramente dai limiti dell’umano, del buon senso e della logica”. Quale via può rivelarsi più adatta per seguire questo percorso che dare libera voce alle fantasticherie infantili? L’artista si sforza di “colmare la frattura tra infanzia e adultità” mentre “l’inartista taglia i ponti tra sé e il suo passato […] ed entra in una vita molto diversa che è la vita seria, la vita pratica”. Questo lo afferma Savinio stesso in un articolo pubblicato nel 1946 su “La Lettura”.
Per poter accedere quindi al mondo dell’ironia e della “divina frivolezza” bisogna ergersi a contrastare le impostazioni “produttive” tipiche della esistenza “seria” voluta dall’economia e immergersi in una economia diversa che consenta l’ozio, la fantasia, il gioco. La “Tragedia” consiste per il bambino di non potere quello che sente di volere. La prima età è quella nella quale possiamo “esaminare da sotto” e consente di vedere che il re è nudo e di poterlo affermare con sincerità nonostante quei reazionari dei genitori e in particolare del padre (e questo tratto accomuna Savinio ad altri autori come Gadda, Tozzi, Kafka, Svevo). Il bimbo riesce a trasformare l’oggetto del proprio desiderio in un assoluto ma poi lo dimentica e si fionda su un altro obiettivo. Il surrealista comprende bene questo andamento e anche quando aderisce a un’idea come se fosse definitiva e totalizzante è disponibile a sostituirla con una novità capace di attrarre la sua attenzione.
Il “padre” diventa quindi l’interprete e il baluardo di un modello di vita obsoleto e non si rende conto che quel modello non può funzionare più. Quindi abbiamo certezze su idee che non hanno più significato, obblighi in una società disordinata, serietà quando ci sarebbe solo da ridere. È tragedia allontanarsi dal modello che avrebbe dovuto essere guida nella vita, non crederci più e preferire il proibito, il vacuo, l’inutile, l’effimero; è una tragedia perché quello che si preferisce non può in realtà prendere il sopravvento, sostituire il modello originario. Per metafora possiamo dire che è questa la dinamica dell’evolvere della cultura: per mantenersi viva e creativa sostituisce il padre, ma la paternità resta stabile e autorevole. Possiamo giungere ad abusare di surrogati e sostitutivi ma infine si torna a recuperare il modello paterno. L’infanzia ci porta da un amore ad un altro e al termine ci si ritrova all’inizio. L’amore diventa quindi contemporaneamente assoluto e transitorio, e si trasforma da un estremo all’altro senza interruzione. La passione si indirizza verso obiettivi differenti, ma resta passione. L’oggetto cambia e la spinta emotiva no. In questo modo l’infanzia non invecchia. Chi non dimentica la propria infanzia, che cosa vuole e cosa prova il bambino, conosce meglio la vita e non fatica a individuare il precario come valore, come assoluto.
Il romanzo racconta l’infanzia di un bambino italiano nato ad Atene in una agiata famiglia borghese. Il piccolo protagonista passa da un amore all’altro, da un passerotto raccolto ferito che però riprende poi la sua vita volando via, a una bella e gentile violinista che però parte e si allontana sul piroscafo… Il tutto appare come la metafora di una modernità che cerca l’assoluto e lo trova ma rapidamente lo dimentica e lo sostituisce: il sostituto appare di nuovo come un assoluto ma è precario per definizione. Ed è certamente la metafora dell’artista: se mantiene la fantasia infantile, quella che non parla ma comprende ansia amore e nevrosi, può rendere immortale quello che è effimero, sorvolare ogni sorpresa, non conoscere mai la noia. L’artista passa dal passato al presente attraverso la memoria che è viva e attinge al profondo e all’inconscio. Il mondo psichico dell’infanzia riaffiora, e tramite il suo recupero non esiste più il problema del tempo fermando e immortalando suggestioni, pensieri, emozioni, sensazioni che ritroviamo nella scrittura, nella struttura del testo.
Poiché la scrittura di la Tragedia dell’infanzia risale al 1919, non è difficile scorgere il legame con il romanzo Hermaphrodito (che sarà proposto nelle prossime settimane in questa biblioteca Manuzio): il bambino protagonista è forse l’ermafrodito esemplare. Lo stesso Savinio osserva che lo stato dell’innocenza, dell’infanzia corrisponde a quello dei figli ermafroditi di Giove, prima che il capriccio del nume decidesse di separare i sessi. Un segnale di questa riflessione lo si scorge anche nel finale del capitolo Il teatro «Lanarà». Le letture del testo possono ramificarsi e approfondirsi tra sintomi e indizi seguendo la straordinaria capacità dell’autore di radunare più campi semantici e linguistici all’interno dei quali il significante prevale quasi sempre sul significato.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Non so se fosse primavera o già estate: il caldo era soffocante, la gola mi ardeva di sete. La mamma si ostinava a non darmi da bere, non mi voleva aprire la zanzariera. Perché tanta malvagità?
I miei mali, che se avessero trovato modo di farsi largo si sarebbero placati un poco e forse disciolti addirittura, venivano tutti da quella tremenda zanzariera bianca che dal soffitto pendeva a spegnimoccolo sul mio lettuccio.
Per un infingimento crudele quel velo simulava la levità delle nuvolette che fumano sui monti prima che il sole si levi, ma in effetto era una piramide di marmo, il coperchio di una tomba.
Scarica gratis: Tragedia dell’infanzia di Alberto Savinio.