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Allora vi dirò quanto so di questo marinaio d'antfico stampo, che godette molta popolarità nella nostra marina: ma non troppe cose, poiché, quantunque lo abbia veduto coi miei occhi, abbia navigato molto tempo in sua compagnia e vuotato insieme con lui non poche bottiglie di quel vecchio e autentico Cipro che egli amava tanto, non ho mai saputo il suo vero nome, né in quale città o borgata della nostra penisola o delle nostre isole egli fosse nato.
Ai tre figli che aveva un mugnaio non lasciò altro che un mulino, un somaro e un gatto. La divisione fu presto fatta senza bisogno di notaio o procuratore, che s'avrebbero mangiato essi tutto il misero patrimonio. Il maggiore ebbe il mulino, il secondo l'asino, e l'ultimo il gatto. Non si consolava questi che gli fosse toccata una così magra porzione. "I miei fratelli, diceva, potranno, mettendosi insieme, guadagnarsi onestamente la vita; per me, mangiato che avrò il gatto e fattomi della sua pelle un manicotto, bisognerà che muoia di fame"
— E questo, – disse il professore di bacteriologia, – è il celebre bacillo del colèra! E così dicendo poneva il vetrino preparato sotto la lente del microscopio. Il visitatore dalla faccia pallida si curvò curiosamente verso l’istrumento.
“Caterì tu non sei una creatura, tu sei un ciucccio”:la mamma glielo ripeteva in continuazione e a sei anni Caterina era seriamente convinta di non essere una bambina come le altre. Più resistente, forse, certamente più scatenata. In famiglia...