Il 2 dicembre 1851 il presidente della Repubblica Francese, Luigi Bonaparte, mette in atto un colpo di stato che gli consentirà di assumere il potere assoluto e di farsi più tardi proclamare imperatore, col nome di Napoleone III. I preparativi furono accurati: si arrestarono i militari rappresentanti all’Assemblea Nazionale, che avrebbero potuto ostacolare l’intervento dell’esercito; si chiusero le tipografie per evitare la stampa di proclami da parte dell’opposizione; si arrestò gran parte dei rappresentanti dell’Assemblea (i deputati di destra sarebbero stati presto rilasciati).
I rappresentanti rimasi liberi – tra cui Hugo ebbe un ruolo importante – organizzarono la resistenza contro il colpo di stato, che includeva la costruzione di barricate e la stampa e la distribuzione di proclami che denunciavano Luigi Bonaparte. L’esercito schiacciò con un massacro l’opposizione dei parigini, e dopo la vittoria Bonaparte perseguitò gli oppositori con arresti, deportazioni e proscrizioni. Anche Hugo fu condannato all’esilio, e per diciotto anni visse fuori dalla Francia, prima in Belgio e poi nell’isola di Jersey. Il capitolo finale descrive il rientro del poeta in Francia dopo la sconfitta di Napoleone III contro i prussiani a Sedan.
Nella narrazione delle vicende c’è spazio per l’esaltazione del coraggio degli oppositori – in particolare i rappresentanti della sinistra a cui Hugo apparteneva – e l’esecrazione verso coloro che, pur condannando a parole gli avvenimenti, ne furono complici passivi e furono in seguito ampiamente ricompensati dall’Imperatore: soldati decorati per aver ucciso donne e bambini, l’arcivescovo che si rifiutò di protestare e poco tempo dopo cantava il Te Deum per Bonaparte, giudici e deputati della maggioranza promossi a lucrosi incarichi.
Gli stessi avvenimenti storici sono oggetto del testo di Karl Marx, già presente in Liber Liber Progetto Manuzio, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Il 1° dicembre 1851 Charras alzò le spalle e scaricò le sue pistole. Infatti, credere alla possibilità di un colpo di Stato era qualche cosa d’umiliante. L’ipotesi di una violenza illegale per parte del signor Luigi Bonaparte non reggeva ad una seria disamina. L’elezione Devincq era evidentemente l’affare più importante del momento; sembrava chiaramente che il governo non s’occupasse che di ciò. Quanto ad un attentato contro la repubblica e contro il popolo, era mai possibile che qualcuno avesse tale premeditazione? Dove era l’uomo capace di simil sogno? Per una tragedia è necessario un attore; e qui, certo, l’attore non vi era. Violare il diritto, sopprimere l’assemblea, abolire la costituzione, soffocare la repubblica, atterrare la nazione, macchiar la bandiera, disonorare l’armata, prostituire il clero e la magistratura, riuscire, trionfare, governare, amministrare, esiliare, bandire, deportare, rovinare, assassinare, regnare, e tutto ciò con tali complicità, che la legge divenisse come il letto d’una donna pubblica, come! tutte queste enormità potrebbero esser commesse? e da chi? da un gigante? No! – da un nano. Si finiva col riderne. Non si diceva più: qual delitto! ma: che scempiaggine! Poichè, al postutto, si rifletteva. I misfatti richieggono pure una statura. A certi delitti non sono sufficienti talune mani. Per compiere un 18 brumaio, occorre avere nel proprio passato un Arcole e nel proprio avvenire un Austerlitz.
Scarica gratis: Storia di un delitto di Victor Hugo.