Questo quindicesimo tomo della Storia degli italiani di Cesare Cantù chiude l’imponente lavoro dello storico, letterato e politico lombardo.

Il presente volume contiene un’ampia serie di appendici, già annunciate in parte nella chiusa del volume precedente, che era arricchito da una Cronologia italica, un mero elenco di re, imperatori, papi con l’indicazione del loro periodo di governo.

In questo tomo la prima parte è dedicata ai ‘Parlari d’Italia’ a partire dalle lingue dei primi italioti, proseguendo con le origini del latino, le influenze religiose e dei popoli barbari sul linguaggio, fino alla formazione dell’italiano e dei dialetti. Scrive Cantù nel 17° paragrafo Della lingua romanza e della siciliana di questa Appendice I:

«Non è del nostro assunto il librare il merito de’ poeti di Sicilia e del Reame: ma quanto alla lingua, non crediamo usassero quella del loro paese, bensì se ne proponessero una, comune alla gente colta; quella che Dante intitolò cortigiana.».

A questa prima Appendice ne seguono altre otto dedicate alla formazione dei calendari, alla indeterminatezza delle fonti per la storia romana, alle figure delle Sibille, ai nomi delle gentes romane, alle monete e misure in corso fra i romani, alle leggende intorno a Virgilio, al Dante ‘eretico’ con l’analisi agguerrita da parte di Cantù dell’opera Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste; révélations d’un catholique sur le moyen-âge (1854) di Eugene Aroux (1793-1859) sostenitore di una interpretazione esoterica dell’opera dantesca. Al proposito Cantù scrive:

«È destino dei libri che divengono nazionali e popolari il trovarvi ciascuno ciò ch’e’ vuole; e non abbiam visto cercare nel Vangelo prove contro la divinità di Cristo, come altre volte cabalisti e alchimisti scoprivano nella Bibbia i numeri onnipotenti e la polvere di projezione?».

L’Appendice IX è di dati statistici, di entrate e di uscite negli Stati italiani, ma non solo.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro :

APPENDICE I. DEI PARLARI D’ITALIA
Senza toccare le origini del parlare, che è il problema capitale nello studio dell’uomo, avvertiremo solo come nel linguaggio trovasi una convenzione tacita per designare le cose stesse colle stesse parole, esprimere gli stessi giudizj colle stesse forme grammaticali; onde bisogna supporvi condizioni fisiologiche, val a dire un organo per produrre i suoni elementari, vocali o consonanti; un organo di udito per raccoglierli dalla bocca altrui e dalla propria; e condizioni soprorganiche, cioè un’attività volontaria per mettere in moto gli organi fonici, e ripetere con intenzione i suoni semplici o complessi che ciascuna lingua ammette; inoltre un’intelligenza capace di idee generali e di una coordinazione per istituire delle radicali, per recarle ad associazioni o derivazioni, per istabilire regole di sintassi.

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