Ecco un vero e proprio feuilleton italiano, pubblicato nei primi anni del XX secolo, che si articola in tre volumi: Questo infatti è il terzo ed ultimo volume della trilogia “di Capitan Riccardo”, ambientata nel Regno delle Due Sicilie al tempo dell’occupazione francese, che spodestò i Borboni e mise sul trono di Napoli il Murat.
Ed è proprio in Sicilia che si svolge l’azione di questo romanzo, con gli stessi protagonisti dei primi due volumi, Capitan Riccardo, figlio (forse illegittimo, forse no) del defunto Duca di Fagnano, la Regina Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando di Borbone, e la sua dama di compagnia, la giovane e bella Alma di Fagnano, figlia del Duca. Qui seguiamo più in dettaglio i pensieri di quest’ultima, e del padre sempre intento a complottare per trarre vantaggi personali, utilizzando se necessario le nozze della figlia per accrescere il proprio potere. Di fronte a queste trame, che le provocano ribrezzo, Alma si sente sola contro tutti; comprende inoltre pian piano che ad un solo uomo appartiene il suo cuore, a Capitan Riccardo, che ha incrociato alcune volte nel corso di questi anni di lotte.
Né Alma può chiedere l’aiuto della Regina: anche essa è innamorata di Riccardo, e comunque è sempre più coinvolta in intrighi politici, per cercare di ricuperare il trono di Napoli, mentre il Re ha ormai una amante fissa e non si fida più della moglie, di cui si sbarazzerebbe volentieri, con l’aiuto degli Inglesi.
Tra intrighi politici ed amorosi, agguati banditeschi e risposte dell’esercito, giunge all’immancabile lieto fine la storia d’amore dei due giovani, con il riconoscimento della nobiltà di nascita, e non solo di cuore, dell’eroe Riccardo.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Sua Maestà il Re Ferdinando IV, per grazia di Dio Re di Napoli e di Sicilia, si annoiava mortalmente nel suo esilio della Ficuzza, la villa che era tutto il suo regno ormai, quantunque anche in essa non fosse libero che di attendere ai prediletti esercizi ginnastici, alla caccia nel parco e ad ascoltar due o tre messe nella cappelluccia. Lord Bentinck l’aveva costretto a nominar Vicario Generale l’erede presuntivo della Corona, che aveva piegato ai suoi voleri e del quale era sicuro, perchè un odio profondo, in cui metteva tutta l’energia della sua anima frolla, lo divideva dalla madre che gl’Inglesi accusavano di aver tentato d’avvelenarlo. Il Re si era acconciato mal volentieri a quella vita che gli divenne insopportabile sol quando il suo caro duca d’Ascoli era stato dagl’Inglesi esiliato in Sardegna. Non gli restava dunque nessuno più dei suoi vecchi amici, chè gli altri, come il conte di S. Marco, il duca di Sangro, i marchesi di Circello erano venduti agl’Inglesi che ne avevano fatto le loro spie. Di una sola cosa il vecchio Re era contento, di viver diviso dalla moglie che era stata relegata a Castelvetrano, la quale però di tanto in tanto, e sovente di nascosto, si recava a visitarlo per non perdere l’ascendente su lui, ascendente che non gl’impediva di confortare i suoi ozii nella compagnia di una bellissima vedovella, Lucia Migliaccio, principessa di Partauna, che doveva poi divenir regina morganatica col titolo di duchessa di Floridia.
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