Dall’incipit della tesi:
Il poco rilievo che il pensiero di Carlo Michelstaedter ha nella storia della filosofia è certamente uno dei casi più singolari e insieme più ricchi di significato della filosofia italiana e della cultura del Novecento europeo: fu, infatti, ed è tuttora, quasi emarginato dalla cultura accademica e la sua relativa fortuna critica riflette prudentemente tale situazione.
Carlo Michelstaedter nasce a Gorizia il 3 Giugno 1887 in una famiglia italiana ed ebrea appartenente alla media borghesia, dal vivo senso patriottico e dalla spiccata sensibilità intellettuale e spirituale.
Ad essa egli sarà sempre intimamente e drammaticamente legato.
Artefice delle proprie scelte culturali, dopo aver studiato nel ginnasio di Gorizia ed essersi iscritto alla facoltà di matematica di Vienna, ottenuto dal padre il permesso di trascorrere alcuni mesi a Firenze, «dove era attratto dai suoi sentimenti di italianità e dalla sua passione per l’arte e per la pittura in ispecie», finì per iscriversi alla locale facoltà di lettere dell’Istituto di Studi Superiori.
Non si laureò mai.
Morì suicida il 17 Ottobre 1910, dopo aver terminato la stesura della sua tesi di laurea intitolata «La persuasione e la rettorica».
Nonostante visse in un periodo ricco di movimenti artistici, letterari e filosofici (per non allontanarsi da Firenze si pensi solamente a tutta l’attività che ferveva attorno alle riviste fiorentine; in ambito italiano poi il crepuscolarismo, il futurismo, l’estetismo, l’idealismo, solo per citarne alcuni) non ne riportò alcuna influenza decisiva, ritagliandosi sempre uno spazio autonomo ed indipendente di giudizio; non mancando però di avvertire in tutta la sua profonda ambiguità il momento storico, riflettendone i fermenti politici, economici e sociali come testimonia anche il suo «Epistolario».
Colpisce subito la vastità dei suoi interessi ed il desiderio di misurarsi con il mondo in una tensione tanto ardente, intensa quanto umorale, in una molteplicità di aspetti da farlo di volta in volta, all’interpretazione, un caso esistenziale, un caso storico, un caso filosofico, un caso artistico, un caso letterario, un caso clinico.
Proprio nel volgerci a questo impossibile grumo unitario, che è la personalità e la speculazione di Michelstaedter, miriamo a non tradirlo, a non «staccare le parole dal sangue», a non risolvere, come spesso si è fatto, in modo teatrale o comunque immunizzata, l’immagine drammatica della sua vita e del suo pensiero, in una rappresentazione conciliante del suo dolore e delle sue sofferenze.
Tesi concordata e impostata con Gillo Dorfles e supervisionata e discussa con Pier Aldo Rovatti, anno accademico 1983-1984, Università degli Studi di Trieste Facoltà di Lettere e Filosofia, Istituto di Filosofia.
Un’indagine “ermeneutica” a proposito del caso Michelstaedter, che con il pretesto di un accesso artistico-estetico tenta di percorrerne il senso “possibile”.