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(voce di SopraPensiero)
Le osservazioni del satellite Planck confermano la teoria proposta nel 1981 dal fisico Mukhanov circa l’origine quantistica delle disomogeneità nella radiazione cosmica di fondo
Che l’universo sia cominciato con il cosiddetto Big Bang è dimostrato dall’esistenza della radiazione cosmica di fondo, un tappeto di microonde che «riveste» il cielo in ogni direzione. Infatti, secondo la teoria cosmologica più accreditata, questo fondo cosmico osservabile nelle microonde, detto CMB dall’inglese Cosmic Microwave Background, non è altro che l’eco lontanissima del Big Bang.
Il telescopio spaziale Planck dell’ESA ha scandagliato negli ultimi anni il cielo in ogni direzione, producendo quella che è attualmente la mappa più dettagliata delle disomogeneità e della polarizzazione del CMB (visibile nell’immagine in testa alla pagina). Il fondo a microonde è in effetti incredibilmente uniforme, ma presenta tuttavia delle piccole differenze, che Planck ha rilevato con accuratezza. Sono proprio queste differenze che spiegano l’esistenza delle galassie, delle stelle, dei pianeti e, in ultima analisi, di noi stessi. Senza disomogeneità nella distribuzione iniziale della materia, di cui il CMB reca l’impronta, per così dire, fotografica, non si sarebbe innescato il lento processo di aggregazione, governato dalla forza di gravità, che condusse l’universo primordiale a formare le prime stelle e le prime galassie.
La domanda che sorge naturale è, ovviamente: perché si produssero queste differenze iniziali di distribuzione della materia e, quindi, di densità? Secondo il professor Viatcheslav F. Mukhanov, un fisico della Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco di Baviera, tali differenze furono l’effetto di fluttuazioni quantistiche, verificatesi nell’istante iniziale di esistenza dell’universo. In quel brevissimo momento primigenio, ciò che sarebbe diventato maledettamente grande, cioè l’universo come lo conosciamo oggi, con la sua coorte di miliardi di galassie, era ancora straordinariamente piccolo ed era soggetto pertanto alle leggi che regolano il microcosmo, le leggi della meccanica quantistica. Una di queste leggi, il principio di indeterminazione di Heisenberg, pone un limite invalicabile alla precisione con cui si può determinare, in un qualsiasi istante, la posizione e il momento di qualunque particella: un limite che non riguarda solo la nostra conoscenza, ma che sembra insito nella natura stessa delle cose.
In sostanza, una certa dose di indeterminatezza, di imprecisione, e quindi di disomogeneità e di impredicibilità, è una caratteristica ineliminabile dell’universo in cui viviamo. Il merito di Mukhanov è stato quello di formulare un modello teorico, pubblicato oltre trent’anni fa, in cui faceva derivare dalle fluttuazioni quantistiche iniziali le disomogeneità nella distribuzione della materia seguite al Big Bang, disomogeneità che agirono come semi per la successiva formazione di stelle e galassie. I dati prodotti negli ultimi anni dal satellite Planck confermano in pieno, secondo quanto ha dichiarato Jean-Loup Puget, Principal Investigator dello strumento HFI di Planck, la teoria di Mukhanov:
«The Planck data confirm the basic predictions that quantum fluctuations are at the origin of all structures in the Universe».
L’universo come lo vediamo oggi, in tutta la sua immensità, porta insomma ancora impresse le tracce di una condizione primordiale in cui a dominare erano le leggi del microcosmo, non quelle del macrocosmo.
Michele Diodati scrive sul blog astronomico Media Meraviglia.