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Durante il servizio militare De Amicis andò in Sicilia, e ne trasse uno dei racconti de La vita militare (L’esercito italiano durante il colera del 1867), forse il primo esempio di reportage che ebbe poi seguito in una fortunata serie di titoli negli anni successivi (Sull’Oceano, Marocco, Costantinopoli, Spagna, Olanda, ecc.). Solo dopo quarant’anni, nel 1906, due anni prima della sua morte e due anni prima del disastroso terremoto di Messina, l’autore tornò a visitare la Sicilia, e ne ricavò questo breve resoconto.
Il racconto parte da Messina, dove il reggimento di De Amicis aveva guarnigione, e subito viene raccontato lo sviluppo che la città ha realizzato da allora: un nuovo quartiere ha sostituito la piazza d’armi, la luce elettrica, i tramway e le nuove botteghe. Insieme, però, viene rilevata l’incuria e l’indifferenza delle autorità locali e statali nei confronti della situazione siciliana.
Anche nel secondo capitolo (D**a Palermo all’Etna) è presente il contrasto tra l’apparenza (le belle vie di Palermo, la bellezza e ricchezza dei giardini, lo splendido Teatro Massimo) e lo squallore delle zone più povere, e la mancanza di un ospedale. Un buon esempio è la descrizione dei palazzi di Corso Vittorio Emanuele, al di là dei quali si vede uno dei piroscafi che ogni settimana portano via un popolo d’emigranti.
Il viaggio prosegue verso Catania, in cui incontra il vecchio Rapisardi, e si conclude a Siracusa e Taormina.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Non avevo più visto la Sicilia da quarant’anni, niente di meno: dall’anno di grazia 1865, nel quale avevo fatto la mia prima guarnigione, come si dice in linguaggio militare, nella città di Messina, di dove ero partito col mio reggimento nell’aprile del 1866 per la guerra contro l’Austria. E fu appunto Messina la prima città che rividi venendo da Roma: con quale commozione, possono immaginare tutti coloro che hanno rivisto dopo circa un mezzo secolo una regione della patria, a cui erano legati dai più cari ricordi della prima giovinezza.
Quali mutamenti in questi quarant’anni! Basta dire che nel 1865 non c’era ancora in tutta l’isola un chilometro di strada ferrata in servizio. Si stava costruendo quella da Messina a Catania, e ricordo bene le grida di maraviglia con cui le contadine messinesi, dai colli circostanti alla città, salutavano le prime macchine a vapore messe in esperimento sulla linea, lungo la riva del mare. Ora, venendo dal continente, si attraversa lo stretto senza discendere dai vagoni ferroviarii, che sono trasportati da una riva all’altra sopra un piroscafo. Le piccole città e i villaggi della costa calabrese si sono ingranditi per modo che formano quasi una sola enorme macchia biancastra da San Giovanni a Reggio. Messina s’è inalzata su per i graziosi colli conici che le sorgono da tergo, ed ha allungato le sue grandi ali bianche lungo il mare fino a perdita d’occhi.
Scarica gratis: Ricordi d’un viaggio in Sicilia di Edmondo De Amicis.