Pubblicato nel 1873 in due volumi, il libro mette insieme varie forme espressive (racconto lungo, racconti brevi, dramma teatrale e versi liberi), che hanno in comune il divertimento e la voglia di prendere in giro il prossimo: in particolare, sembra, i possessori o gli aspiranti alla croce di cavaliere.

Il primo racconto, che occupa quasi tutto il primo volume dell’originale cartaceo, è il curioso racconto di uno spirito – evocato tramite seduta spiritica – che appartiene ad una moneta – un soldo – e che racconta il suo lungo peregrinare dalla tasca di un proprietario all’altro, parlando – e sparlando – dei suoi proprietari e delle loro avventure. L’unico cui forse lo spirito sembra portare rispetto è nientemeno che Garibaldi!

Un’avventura galante è la storia di un incontro – a lungo sospirato – tra una moglie infedele ed il suo amante, che andrà a finire in maniera inaspettata.

Una croce meritata è appunto la storia dell’aspirante cavaliere, che riesce a raggiungere il suo scopo senza accorgersi del prezzo che questo gli costa.

Lei, Voi e tu è l’allegro racconto – in forma di dialogo teatrale – di un corteggiamento fortunato.

Dei Versi alla buona mi piace citare questa profezia di 150 anni fa:

«Stammi a udir la profezia,
Si faranno cavalieri
Truffatori e burattini
Gabbamondi, barattieri
Stenterelli ed Arlecchini.»

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Caro Gabasio
Ti ricordi ancora dei placidi giorni della nostra adolescenza, quando ignari d’ogni affanno, e piena l’anima di baldanzose speranze ci lasciavamo trasportare nelle nuvole dorate di care illusioni?
‒ Ti ricordi dei beati tempi in cui il nostro fastidio più serio era quello di dover passare alcune ore fra le aride pareti della scuola, costretti a fissare gli occhiali dei nostri professori, i quali, poverini, facevano d’ogni possa per tirarci su con qualche bricciolo di sapere? ‒ Il finis del bidello segnava il principio della nostra allegria.
‒ Uscivamo di collegio, e, buttati i libri in un canto, correvamo lietamente le campagne abbandonandoci alle gare dei salti.
‒ Ti ricordi di tutto ciò? e quando, fatti più grandicelli, i nostri cuori davano qualche sintomo di palpitazione, quante care follie presero possesso nei nostri deboli cervelli!

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