In questa raccolta di racconti pubblicata nel 1901, Rizzatti raccoglie numerosi suoi lavori precedenti, già pubblicati, ad esempio Edea, Musica Lunatica, Apocalisse, La musica del silenzio erano stati pubblicati nel 1893 dalla casa editrice Carabba in occasione delle nozze tra Enrico Loschi ed Elisa Baggio. Ne aggiunge naturalmente altri inediti fornendo quindi una panoramica abbastanza interessante e, per l’epoca, completa dei topoi caratteristici della letteratura fanta-horror-fantasy. Non sempre riesce ad essere originale: come non pensare a La figlia di Rappaccini di Hawthorne leggendo Chimera? E il motivo dello scienziato eccentrico che sperimenta su di sé fino alla tragedia lo ritroviamo anche in Dopo morte e in Santa Lucia. Il trasferimento nel futuro ottenuto grazie a un lungo sonno lo troviamo in Apocalisse; ricorda non poco il racconto di Wells When the Sleeper Wakes che fu pubblicato a puntate nel 1898-99. Ma probabilmente in questo caso Rizzatti vanta una sorta di primogenitura, avendo già pubblicato questo racconto nel 1893. Il “viaggio spaziale” ancora lontano dall’usare mezzi meccanici, avviene con il telescopio e anche in questo caso Rizzatti si dimostra attento alle sperimentazioni letterarie nel campo del fantastico.

Qualche anno dopo un analogo “viaggio” lo ritroviamo in alcune parti del romanzo di Giustino Ferri La fine del secolo XX (che può essere letto in questa biblioteca Manuzio); Ferri spinge la sua esplorazione fino ad Urano… Rizzatti si conserva però allineato con la tradizione italiana ed è quindi attento a riportare gli elementi che trae dalle letterature anglosassoni nell’alveo delle possibilità tecnologiche – e immaginifiche – italiane del periodo. Anche i racconti più facilmente inquadrabili in una sorta di fantasy, come Leucia e Smeraldina appaiono quanto mai “italiani”. I racconti di Rizzatti vanno inquadrati alla luce della realtà storico-sociale nella quale sono maturati, e non tenendo conto di questo si rischia di sottovalutarne il giusto valore e i relativi meriti. Lo zio Lattanzio che comunica in musica con i bizzarri abitanti della Luna dà modo di riflettere sulle possibilità di un linguaggio universale; all’amico Mario Pilo è dedicato un racconto sullo spiritismo, esperienza che certamente attirò Rizzatti nei suoi anni giovanili; il citare in un altro racconto le esperienze delle sorelle Fox conferma questo suo interesse. Non manca la tragica follia di un giovane innamorato di una bellissima “automa” che appare davvero un racconto ben congegnato sulla costruzione di creature artificiali. Ma uno struggente amore “impossibile” lo ritroviamo anche in Margot.

Dopo lo spiritismo è lecito attendersi gli incontri col demonio, realizzati in località maledette, o semplicemente condotti a quest’incontro da uno stranissimo cocchiere Quest’ultimo racconto, però, come ho dovuto indicare anche in una nota, non è del Rizzatti, anche se lui lo include nella raccolta. Apparve sul bisettimanale “La Fama, rassegna di scienze, lettere, arti, industria e teatri” in due puntate nei numeri del lunedì 18 giugno e giovedì 21 giugno 1855 (quindi almeno 7 anni prima che nascesse il Rizzatti stesso) col titolo Il corriere dello Sthulnagen e a firma di E. Berthoud. Ma, sorvolando su questo “scivolone” si può certamente dire che questi racconti reggano abbastanza bene all’usura del tempo, specialmente se ci asteniamo dal confronto con qualche narrazione moderna dove la fantasia dell’autore ha potuto sbrigliarsi sulla base di un’evoluzione di scienza e tecnica, immaginando fatti e cose di un futuro sempre più lontano con la certezza di trovare recettività in chi legge. Da sottolineare che Rizzatti, insegnante e impegnato nel campo della divulgazione scientifica, non indulge alla moda di celarsi sotto uno pseudonimo esterofilo per la stesura di un’opera che poteva, all’inizio del ’900 essere considerata di “sottocultura”, e si garantisce in questo modo un posto, forse marginale e dimenticato, nella storia degli albori della fantascienza italiana.

Rizzatti che aveva viaggiato in Inghilterra e negli Stati Uniti era certamente stato a contatto con gli ambienti letterari che producevano letteratura fantastica. Nel racconto Il mistero, dà la sua personale soluzione alla vicenda di Jack lo squartatore, che durante il suo soggiorno londinese era certamente più che mai all’ordine del giorno. Anche in questo caso la sua esperienza nei sobborghi di una Londra dei miseri e degli emarginati ha consentito che questo raccontino, dalla trama forse un po’ goffa e ingenua, potesse avere il suo spazio in questa raccolta, senza scivolare in un macabro sgradevole e gratuito.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto L’innamorato di Marte:

Quando, pochi mesi or sono, le gazzette ebbero a parlarne, dell’ultima maraviglia che questa fine di secolo ci offriva, la corrispondenza con Marte, io ricordai subito lui, il mio giovane amico di New-York, Frank Donodel, l’innamorato di Marte.
Non occorre, credo, ricordare le strane notizie. Alcuni scienziati di laggiù pensarono che certi grandi fuochi brillantissimi, i quali mediante i telescopi erano stati scorti sulla superficie di Marte, fossero dei segnali fatti dagli astronomi abitanti di quel pianeta ai colleghi della Terra. E perchè già avevano creduto di riconoscere dei segnali anche nei famosi canali gemelli scoperti su Marte dallo Schiapparelli, indubbio segno che quella gente aveva conoscenza della geometria, furono spinti a tentare, mediante figure geometriche, una specie di corrispondenza interplanetaria… Tanto più che, frattanto, le proiezioni luminose di Marte si moltiplicavano con sempre maggiore insistenza, come appelli urgenti lanciati, attraverso agli spazii, dalla gente di quel pianeta a noi… «Ma, insomma, ci vedete o non ci vedete?» pareva dicessero. «Volete o non ci volete rispondere?» E gli scienziati americani decisero di rispondere.

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