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(voce di SopraPensiero)
Testo del 1871 che va situato nella cornice storica e culturale dell’epoca, che vedeva racconti edificanti sulla possibilità di andare oltre le delimitazioni imposte dallo strato sociale di appartenenza. Le fortune editoriali della prima traduzione di Il carattere di Smiles, l’autobiografia di Franklin, Volere è potere di Lessona e il desiderio, paternalistico certamente, ma in ogni caso motivato da desiderio di impegno sociale, di Alessandro Rossi, figlio del fondatore di Lanerossi, crearono l’ambiente giusto per cui dall’incontro parlamentare dell’industriale con Cesare Cantù potesse scaturire quello che è in pratica il primo romanzo nell’Italia unita che ha per protagonista un operaio del sud emigrato nel nord Italia.
Nel 1866 era uscito Il libro dell’Operaio di Cesare Revel, ma lo stesso Cantù, anni prima era stato autore di Calambrogio di Montevecchia e Il giovinetto drizzato alla bontà, al sapere, all’industria. Era quindi fertile il terreno sul quale nasceva il progetto di un libro popolare da «paese civile» dove i valori del buon senso e del buon cuore fossero predominanti. Ma questa volta il progetto doveva sfociare in romanzo partendo (secondo il modello manzoniano) dalla finzione del manoscritto affidato da Alessandro Rossi all’aspirante archivista Cantù, come «carte di un operaio.» Costruito senza sviluppare adeguatamente l’intreccio (cosa stigmatizzata duramente da De Sanctis) finisce per prevalere l’intenzione del Rossi, ed anche, tra l’altro, un eccessivo omaggio allo stesso.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Caro amico,
Se qualche ministro avesse voluto far segno di conoscere il mio nome, e darmi i galoni di veterano, gli avrei chiesto di annicchiarmi in qualche archivio o biblioteca. A chi è rimbambito, come dicono i loro giornali, qual più opportuna industria che il rimuginare carte altrui, massime se già con qualche fortuna v’ha pescato di quei fatterelli che o spiegano o colorano i fatti grandi?
Ciò che a nessun ministro, venne in mente a voi, e mi affidaste le carte d’un operaio, par vostro e mio, dicendo: «Cavatene fuori un libro.»
Sono esse talvolta un racconto, talvolta un giornale ove questo brav’uomo notava i propri accidenti, e discorsi e pensieri suoi e d’altri. E poiché mi parve che, con sagace semplicità e costante buona fede e senza sorprese né colpi di scena, presentassero i fatti usuali, non lo straordinario e le eccezioni; l’uomo qual è, non quale lo strafelano romanzieri acrobati e storici cortigiani, fuochi fatui dell’odierno firmamento, e che infondessero inclinazioni consolatrici e fortificanti, sentimenti di rassegnazione e speranza, accettai l’improba fatica di cernirle tra una farragine di note, di lettere, di conti; connettere i fatti, coordinare gli argomenti. Pur troppo vi accorgerete che non sempre riuscii, tanto più che il nostro Savino avea la mala abitudine di non segnare la data de’ tempi e de’ luoghi.
Scarica gratis: Portafoglio d’un operaio di Cesare Cantù.