Pirandello ricavò Pensaci Giacomino!, che segna l’avvio della stagione più intensa della sua produzione teatrale, da una novella con lo stesso titolo pubblicata per la prima volta sul «Corriere della Sera» del 23 febbraio 1910 e successivamente in volume nel 1912. Su suggerimento di Martoglio, ne fece dapprima una versione teatrale in dialetto siciliano, che fu rappresentata dalla compagnia di Angelo Musco – che da tempo premeva per avere una commedia in tre atti dopo aver rappresentato l’atto unico Lumìe di Sicilia – a Roma nel luglio 1916.

Fu il primo testo pirandelliano concepito per il teatro siciliano verso il quale l’autore non aveva una posizione particolarmente favorevole. I suoi dubbi erano stati espressi in un articolo del 1909 Teatro Siciliano?, nel quale si diceva tra l’altro che “una letteratura dialettale è fatta per restare dentro i confini del dialetto”; uscendone rischia l’incomprensione e l’equivoco. Questa versione non è mai stata stampata. Tradusse poi il testo in italiano e questo fu pubblicato sulla rivista «Noi e il Mondo» nel numero del 1° maggio 1917. La commedia è posta in apertura alla prima edizione di Maschere nude del 1918. Nel 1925 l’editore Bemporad pubblicò una nuova edizione “riveduta e corretta” nella quale l’impronta dialettale è quasi scomparsa.

E su questa versione è basata la prima interpretazione del testo italiano (che fu di difficile collocazione inizialmente, respinta dai più importanti capocomici dell’epoca proprio per la sua evidente caratterizzazione dialettale) che è del 25 aprile 1932 al Teatro Valle di Roma a cura della compagnia di Sergio Tòfano, il quale interpretò poi tantissime volte il personaggio del professor Toti durante la sua lunga carriera. Questa edizione elettronica è basata su quella Treves 1922, identica a quella del 1918.

Il professore di storia naturale Agostino Toti, stretto tra una turbolenta scolaresca e le pressioni del direttore che vorrebbe allontanarlo dall’insegnamento, progetta invece di sposare una giovane bisognosa una volta raggiunta l’età della pensione, in modo che di questa pensione la giovane possa godere anche dopo la sua morte. La prescelta è Lillina, figlia del bidello, che però ama Giacomino Delisi dal quale attende un figlio. Scacciata dai genitori viene però accolta da Toti. Due anni dopo troviamo la famigliola accresciuta dal piccolo Ninì e frequentata anche da Giacomino al quale Toti ha procurato un impiego.

La tranquillità economica (è arrivata anche un’eredità) è turbata dalle maldicenze della gente e nuovamente il Direttore chiede le dimissioni di Toti per placare la benpensante opinione pubblica, l’ipocrisia della quale è odiosamente rappresentata dal reverendo Landolina. Quest’ultimo vuole, a nome della sorella di Giacomino, Rosaria, una dichiarazione scritta che attesti la falsità delle dicerie sulla paternità di Giacomino. Questa dichiarazione sarebbe finalizzata a tranquillizzare la nuova fidanzata di Giacomino stesso, ma quando Toti comprende questo progetto, lo rimprovera aspramente richiamandolo ai propri doveri familiari. Giacomino comprende e si commuove e l’ultimo tentativo della sorella e di Landolina per trattenerlo è decisamente respinto.

Forse non particolarmente innovativo ma certamente uno dei testi più significativi del teatro Pirandelliano. La sintesi tra strutture tradizionali e temi critici e polemici ha garantito fin dall’inizio grande e costante successo di pubblico, che mostrò apprezzamento per la “disonestà” del professor Toti e per le sue posizioni drastiche verso le convenzioni sociali e le apparenze ipocrite, contrapposta all’onestà cristiana del benpensanti.

Nel 1936 Angelo Musco interpretò per la trasposizione cinematografica della commedia, con la regia di Gennaro Righelli, il personaggio del professor Toti. Nonostante Piero Gobetti avesse scritto nel 1917 con disappunto del fatto che Pirandello avesse qualcosa da spartire con il “buffone Musco”, non si può negare certo che nel percorso dell’autore nell’ambito della drammaturgia la presenza dell’attore siciliano sia stata quasi determinante favorendone i primi veri successi teatrali.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Il corridoio d’un Ginnasio di provincia. Nella parete di fondo s’aprono a ugual distanza l’uno dall’altro varii usci con tabelle in cima: Classe II – Classe III – Classe IV. – Davanti a questa parete corrono gli archi d’un loggiato, propriamente tre archi sostenuti da due colonne, che limitano il corridoio in fondo. A destra e a sinistra due pareti laterali. Nel mezzo a quella di destra un uscio con la tabella: Gabinetto di Storia Naturale. – In quella di sinistra, a riscontro, un altro uscio con la tabella: Direzione. – Allo spigolo di questa parete, la campana della scuola, con la catenella pendente. Nella parete di destra, presso l’uscio del Gabinetto di Storia Naturale, un tavolino e una sedia per il bidello. – Destra e sinistra dell’attore.
La scuola sta per finire. Al levarsi della tela, Cinquemani, il bidello, che passeggia in fondo per il corridoio, col berretto gallonato e uno scialle di lana sulle spalle, si ferma al rumore indiavolato che viene dal Gabinetto di Storia Naturale, dove il professor Toti fa lezione; alza le mani coi mezziguanti di lana e le scuote in aria, come a dire: “Dio, che baccano!„ All’improvviso si spalanca l’uscio a destra e il Direttore Diana irrompe su le furie, urlando:
DIRETTORE. Perdio, ma dove siamo?

Scarica gratis: Pensaci, Giacomino! di Luigi Pirandello.