Subito dopo la pubblicazione di All’insegna del buon Corsiero, l’editore Vallecchi propone a D’Arzo di scrivere un racconto per ragazzi. L’idea parte quindi nel 1943 e l’autore si entusiasma subito al progetto. Le vicissitudini di questo testo sono quanto mai movimentate. Inizialmente avrebbe dovuto avere per titolo Il buon maestro e i ragazzi di Pictaun e probabilmente l’autore avrebbe voluto usare lo pseudonimo Andrea Colli, come attesta il manoscritto autografo conservato alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Il titolo cambia successivamente più volte: Il lamento dell’Anna dei bambini, Gec dell’avventura, Le tribolazioni (o le avventure) del povero Bobby, fino al definitivo Penny Wirton. Delle peripezie editoriali di questo testo ho già fatto cenno nella nota biografica dell’autore.

Il protagonista, nelle prime stesure, è un bambino di nome Gec che riacquista la propria ingenuità inseguendo dei pirati che ricercano un tesoro nascosto; al termine di un lungo viaggio il bambino torna al paese di Pictoun, alla Collina e alla madre. Come spiega lo stesso autore la storia di Gec è quella di ogni bambino che risvegliandosi al mattino si accorge della bruttezza delle cose che lo circondano e alla sera recupera le sue illusioni imbarcandosi sulla nave della fantasia. Vallecchi trova che il testo sia ambiguo sul fronte della scelta in merito a quale pubblico rivolgersi. D’Arzo non vuol dare peso all’obiezione e risponde che «Gec è un libro per bambini che possono leggere anche i grandi, piuttosto che viceversa». I rapporti si irrigidiscono tra l’autore e l’editore. D’Arzo tuttavia accoglie i suggerimenti e nel 1947, attraverso le successive stesure che vanno da Gec a Bobby e infine a Penny, del vecchio Gec non rimane più neppure l’ombra. Resta però l’attenzione al delicato cambiamento che porta il bambino all’età adulta. Si riduce invece l’ispirazione di matrice autobiografica, che rimane tuttavia di grande importanza, per dare più spazio a una tematica più palesemente “sociale”. Tematiche che D’Arzo aveva già affrontato nei racconti L’Osteria (1940) e Peccato originale (1941). Il testo fu proposto a Vallardi, tramite Emilio Cecchi che si prodigò per tentare la via della pubblicazione all’estero. Tuttavia per leggerne qualche pagina si dovette attendere il 1959 quando un breve passo fu pubblicato su “La fiera letteraria”. Solo nel 1978 Einaudi diede alle stampe il racconto, basandosi su una copia dattiloscritta emendata da Macchioni Lodi sulla base del manoscritto al quale già abbiamo accennato. Nell’edizione delle opere complete viene invece ripristinata la lezione del dattiloscritto non emendato conservato nell’Archivio Einaudi a Torino. Qui presentiamo l’edizione Einaudi 1978.

La narrazione è ambientata nel 1721 in Inghilterra e si apre con il maestro Supplente che vorrebbe punire Penny per la sua impudenza nel raccontare una storia inventata. Ma la madre del ragazzo mette al corrente il Supplente della veridicità della storia raccontata da Penny. La madre Anna aveva inventato un destino eroico per il defunto marito e padre di Penny. I racconti della madre Anna hanno lo scopo di mettere Penny al riparo dalla crudezza della realtà. Ma quando Penny scopre casualmente (cercando informazioni per il cantastorie Cieco) che il padre era solo un modesto sellaio, non sa sottrarsi alla realtà se non con la fuga. Ma le strade di Penny e sua madre si ricongiungeranno – attraverso momenti drammatici e non esenti da decisa condanna sociale per gli intrighi dei potenti – e con la raggiunta maggiore maturità Penny potrà accettare la propria realtà. Gli aspetti pedagogici che emergono dalla narrazione non sono certamente banali o riduttivi (come è spesso nella letteratura per l’infanzia) ma derivano e propugnano un insopprimibile anelito alla giustizia e individuano nel divario tra ricchi e poveri quella quasi insormontabile difficoltà che fin dalla più tenera infanzia viene sperimentata dal bimbo e spesso può essere solo subita. Anche per Anna, la madre, il rapporto con i potenti è drammatico: quando chiede aiuto viene ridotta all’isolamento e condannata al rogo come strega.

La tecnica narrativa di D’Arzo – che scrive il suo capolavoro Casa d’altri proprio contemporaneamente all’ultima stesura di Penny Wirton – è sempre di prim’ordine: il ritmo è insieme sciolto e serrato, le azioni di protagonisti e comprimari si svolgono in un quadro che lascia pochissimo spazio ai dettagli o alla descrizione degli ambienti. Il Settecento nel quale si svolge l’azione non ha la lucentezza del Corsiero, ma resta tuttavia di respiro ampio e insieme asciutto. D’Arzo dichiarò più volte che il suo modello di stile per la narrativa per ragazzi è lo Stevenson de L’isola del tesoro, che è capolavoro soprattutto per la sua trasparenza assoluta, come ebbe a sottolineare Giovanna Mochi, trasparenza che mette in imbarazzo il critico in quanto gli limita il suo campo più congeniale che è quello dell’interpretazione. Anche se il riferimento letterario per D’Arzo è quello, tuttavia ne resta lontano… Abbiamo certamente la gioia del racconto puro (just so story) ma alla fine risulta troppo semplice per non essere in realtà intrinsecamente complesso. Scrisse Attilio Bertolucci:

«I grandi, cui oggi caldamente raccomando il libro, spero non abbiano il palato così guasto da trovare Penny Wirton un tantino, come dire, semplice. Mi credano, è molto più complesso e labirintico di quel che sembri.»

Per comprendere meglio il rapporto che D’Arzo ebbe con la letteratura per l’infanzia è utile leggere i saggi che dedicò a Kipling e Stevenson, che rappresentano in qualche modo un punto d’arrivo per l’autore che era certamente partito, nelle sue prime pagine dedicate a questo genere letterario, da modelli come Carrol, Kingsley e Barrie, che forse gli erano parsi strumenti più adatti per conciliare il ricorso all’immagine simbolica con la propria, per certi aspetti drammatica, vicenda autobiografica. Sia questi saggi che l’altro romanzo per ragazzi, Il pinguino senza frac, saranno disponibili nei prossimi mesi nella biblioteca Manuzio.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Suonarono in quel momento le otto. Le otto del 12 maggio del 1721. La Contea di Pictown si era appena
svegliata.
‒ Sono le otto e tutto va male, ‒ cominciò a gemere il Cieco davanti alla porta del Duomo. ‒ Lor signori, di grazia, non avrebbero niente da mettere nella ciotola del povero Cieco per fargli passare un po’ meno poveramente la sua povera, povera, cosí povera giornata di accattone e straccione? Neanche un misero, un orfano pfennig, che non serve nemmeno a comprarsi un po’ d’aria?
Passavano proprio allora di là, per andare alla scuola, Jim Catmor e Bobby Shelton e Anacleto Vincaufeld.
‒ Pesca magra, ‒ gli dissero, ‒ siamo scolari e nient’altro: e tutto quel che abbiamo son libri, che servono anche meno di un pfennig.

Scarica gratis: Penny Wirton e sua madre di Silvio D’Arzo.