La novella, del 1887, opera di un Farina ormai nel pieno della maturità, fa parte di un ciclo riunito sotto il titolo Si muore. Il libro a appartiene al periodo in cui lo scrittore si stava affermando come uno dei massimi esponenti di una letteratura d’intrattenimento, rivolta ad un pubblico tuttavia severo anche da un punto di vista estetico. La scrittura è elegante e la novella non manca di qualche lampo d’ironia.
Fedele all’idea che la morale debba essere il cardine su cui costruire ogni esistenza e per uno scrittore anche ogni sua composizione letteraria, in questa novella Pe’ belli occhi della gloria : scene quasi vere, l’autore narra ‘scene quasi vere’ della vita che mostrino come la miglior via da percorrere sia sempre quella della moralità. Pur amico di Giovanni Verga e di Luigi Capuana, Farina non è tuttavia un verista, e le sue scene ‘quasi vere’ tendono piuttosto a presentare dei modelli di comportamento piuttosto che personaggi reali. Conversando nella prefazione con l’amico e collega Giovanni Faldella (anch’egli presente qui in LiberLiber), Farina scrive:
«non stupirei che un lettore ingenuo ti avesse a domandare:
‒ Perchè scene, perchè quasi vere?
E tu fa per bocca mia questa risposta altrettanto ingenua:
‒ Perchè questo libro non è una novella, nè un racconto, nè un romanzo; si accontenta di essere qualche cosa di meno; ma pretende di stare una spanna più alto. Non è nemmeno una storia, perchè l’autore, avendo fatto finora il romanziere, non può aver perduto tutto il vizio di dire le bugie; ma è sincero nell’attenzione che egli ha messo per aprire il solco di certe rughe del cuore umano poco vedute.»
Protagonisti di questa vicenda ambientata nel mondo dell’arte a Milano sono un anziano e famoso pittore, che viene colpito da cecità, il suo amoroso figlio, anch’egli pittore, e la famiglia di un altro pittore, padre di due ragazze, che, al contrario del primo, non è mai arrivato alla gloria. Il realtà dopo le prime battute il tema della gloria non sembra essere il tema portante.
Nell’intreccio della trama, ognuno dei personaggi viene messo di fronte ad una scelta esistenziale. Saranno poi la loro onestà morale o la loro leggerezza a definirne l’immagine. E allora il pittore famoso, ossessionato dalla critica che lo tallona da vicino, con la cecità riuscirà a superare quell’ansia e a trovare sé stesso nella generosità, nel cuore aperto alle difficoltà degli altri. La ragazza bellissima invece persevererà nel cercare la fortuna in un matrimonio di interesse. Ma sua sorella sarà pronta ad ogni sacrificio pur di non tradire il suo senso morale.
Lasciamo volentieri a lettrici e lettori scoprire come gli altri personaggi scelgono e perseguono la loro via.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
La provvidenza aveva fatto di tutto per render felice Mattia, od almeno per contentarlo; non vi essendo riuscita per settant’anni, si era smarrita di coraggio, lasciando che la disgrazia gli piombasse addosso. Sì, perchè Mattia fino al settantotto era sano come un pesce sano; aveva una compagna che lo sapeva tutto a memoria e gli voleva un bene dell’anima, un figliuolo intelligente e buono, che si faceva onore all’Accademia; aveva gli agi guadagnati colla sua pittura, aveva la stima dei vicini, aveva l’ammirazione dei lontani. Un altro ne avrebbe avuto d’avanzo; Mattia no, perchè egli si era innamorato de’ belli occhi della gloria.
Quando era stato tutto un mese davanti al cavalletto, mattina e sera, colla tavolozza in pugno; quando si era tirato indietro mille volte a dir poco per giudicare l’opera propria; quando si era accostato altre mille fino a toccarla col naso; quando finalmente deponeva tavolozza e pennello sul trespolo per fregarsi le mani perchè aveva finito, credete voi che Mattia fosse contento?
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