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(voce di SopraPensiero)
Giorgio sta tutte le mattine a Villa Ada; aspetta Ulisse per cominciare insieme l’allenamento: un po’ di corsa, un po’ di stretching […] ma prima che arrivi quel momento, una mattina, riceve una telefonata: è Renzo, gli annuncia che sta per uscire un articolo su «Repubblica», che parla di lui. In realtà non è un articolo, ma una lettera, niente di meno che di Pasolini, dalla quale si capisce che lui e Giorgio si conoscevano bene. Giorgio già lo sa, era stato avvertito. Ma Renzo lo incalza: adesso vuole sapere ogni dettaglio, i retroscena, il modo in cui tutto ha preso inizio […] e Giorgio fa una gran fatica a tirar fuori quelle cose vecchie alle quali ormai aveva smesso di pensare; ma insieme alla fatica c’è anche i piacere di ricordare – con tutta la fallibilità e l’imperfezione (o, a volte, con l’eccessiva perfezione della memoria, che colma le lacune con l’invenzione) – un’amicizia e degli eventi tanto straordinari e unici; schermendosi per non sembrare tronfio, ma spesso senza poter reprimere la gioia spontanea.
Il protagonista di questa storia è Giorgio Manacorda, poeta, scrittore, pittore, che conobbe Pasolini a Roma ai tempi di «Nuova Resistenza» (associazione antifascista che si batteva per evitare che i componenti del disciolto Partito Fascista entrassero nelle istituzioni): era il 1963 e Manacorda – un nome che all’epoca non diceva ancora niente a nessuno – osò chiedere al celebre regista un parere sulle proprie poesie. Un libro in cui la memoria storica si lega a quella personale nel restituire un ritratto di entrambi – sebbene schizzato – genuino, inedito e a tuttotondo. In cui c’è posto per uomini del calibro di Renzo Paris (il «Renzo» motore primo della rievocazione del protagonista) e Alberto Moravia, per la rivista «Nuovi argomenti» e per il «Gruppo 63». Con, in Appendice, i componimenti che il giovane poeta ebbe «l’ardire» di consegnare a Pasolini.
G. Manacorda, Pasolini a Villa Ada, ed. Voland, 2014, pp. 65, euro 6.