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Romanzo scritto nel 1939 e pubblicato nel 1941 da Einaudi, fece molto scalpore all’epoca, per la trattazione dell’incesto e per il linguaggio che richiama il dialetto.
La trama:
Berto, voce narrante, e Talino, compagni di cella, vengono scarcerati. Il primo è un meccanico torinese, il secondo un contadino. Talino convince Berto a recarsi con lui al paese per la mietitura, dove la famiglia di Talino lo ospita. Talino ha quattro sorelle, e Berto prova attrazione per la minore, Gisella. Un gesto gentile di Gisella, che porge l’acqua a Berto durante la mietitura, scatena la gelosia di Talino, che la colpisce al collo con un forcone. La mietitura deve però continuare, e mentre Gisella agonizza, i carabinieri arrestano Talino, e Berto se ne va.
Cosa dice Pavese a proposito di Paesi tuoi nel suo diario (Il mestiere di vivere):
Il voler commettere una malvagità a ogni costo, violentando la propria natura, è tipico dell’adolescenza e del bisogno di provare a se stessi che si è universali, al di là di ogni norma. … Lo stile di Berto non va attribuito a un Berto, ma assimilato a una terza persona. Da naturalistico deve diventare modo di pensare rivelatore. È questo che non si poteva fare nelle poesie, e che dovrebbe riuscire in una prosa. (14 ottobre 1939)
Il simbolo … è un legame fantastico che tende una trama sotto al discorso. Si tratta di caposaldi ricorrenti («epiteti» …) che additano in uno degli elementi materiali del racconto un persistente significato immaginoso (un racconto dentro il racconto) – una realtà segreta, che affiora. Esempio, la «mammella» dei Paesi tuoi – vero epiteto, che esprime la realtà sessuale di quella campagna.
Non piú simbolo allegorico, ma simbolo immaginoso – un mezzo di piú per esprimere la «fantasia» (il racconto). Di qui, il carattere dinamico di questi simboli; epiteti che ricompaiono nel racconto e ne sono persone e s’aggiungono alla piena materialità del discorso… (10 dicembre 1939)
Poco di fatto. Tre opere: Le due stagioni e i Paesi tuoi, e il Carrettiere.
I due racconti sono cosa del passato: valgono forse in quanto mi sono cavato la voglia e provato che so volere uno stile e sostenerlo, e basta. (1 gennaio 1940)
Contemplato a lungo la collina oltre Po e notato che insomma sono tutti parchi, ville, strade note e rinote.
Dov’è l’interesse per il selvaggio, che pure t’incute? Quel che accade al selvaggio è di venir ridotto a luogo noto e civile. Il selvaggio come tale non ha in fondo realtà. È ciò che le cose erano, in quanto inumane. Ma le cose in quanto interessano sono umane. Notato che Paesi tuoi e Dialoghi con Leucò nascono dal vagheggiamento del selvaggio – la campagna e il titanismo. …
La tua idea, del 23-26 agosto ’44, che selvaggio sia il superstizioso, il non piú accettabile moralmente, mentre il semplice caso è naturale (anche la crudeltà della natura ci appare moralmente superata), accompagna la tua favola perenne – il selvaggio, il titanico, il brutale, il reazionario sono superati dal cittadino, dall’olimpico, dal progressivo. Cfr. Paesi tuoi, Dialoghi con Leucò, Compagno. Tu esalti l’ordine descrivendo il disordine. (10 luglio 1947)
Molti – forse tutti – mostrano la corda, scoprono la loro crepa. Natalia, Balbo, anche i nuovi (D’Amico) – nessuno piú t’incanta. Se non avessi la fiducia nel fare, nel tuo mestiere, nella pasta che tratti, nelle pagine che scrivi, che orrore sarebbe, che deserto, che vuoto, la vita? Sfuggono i morti a questa sorte. Quelli si conservano intatti. Leone, Pintor, perfino Berto. In fondo, tu scrivi per essere come morto, per parlare da fuori del tempo, per farti a tutti ricordo. Questo per gli altri, ma per te? Essere per te ricordo, molti ricordi, ti basta? Essere Paesi tuoi, Lavorare stanca, il Compagno, i Dialoghi, il Gallo? (10 aprile 1949)
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Cominciò a lavorarmi sulla porta. Io gli avevo detto che non era la prima volta che uscivo di là e che un uomo come lui doveva provare anche quello, ma ecco che si mette a ridere facendo il malizioso come fossimo uomo e donna in un prato, e si butta sotto braccio il fagotto e mi dice: «Bisognerebbe non avere mio padre». Che gli scappasse da ridere me l’aspettavo, perché un goffo come quello non esce di là dentro senza fare matterie, ma era un ridere con malizia, di quelli che si fanno per aprire un discorso. «Stasera mangerai la gallina con tuo padre» gli dico guardando la strada. «La prima volta che si esce dal giudiziario, a casa ti fanno la festa di nozze.» Lui mi veniva dietro e mi stava attaccato come se il carrettino dei gelati che passava a tutta corsa minacciasse noi due pedoni. Non aveva mai traversato un corso, si vede, o mi stava già lavorando. Mi ricordo che né io né lui ci voltammo a guardare le Carceri. Faceva effetto vedere le piante spesse del viale e faceva anche un gran caldo, tanto che sudavo tutto, per via della cravatta stretta. Faceva caldo come là dentro, e a un certo punto avevamo scantonato in mezzo al sole.
Scarica gratis: Paesi tuoi di Cesare Pavese.