Pubblicate da Nuova Antologia nel 1942 e nello stesso anno raccolte in estratto, queste liriche appartengono alla produzione poetica crepuscolare dell’autrice dove all’originaria immediatezza espressiva che caratterizzava la sua vena poetica negli anni venti si è completamente sostituita la più facile forma della grande poesia contemporanea, pascoliana e dannunziana, alla quale la sua voce sembrava inizialmente volersi opporre.
Intimismi e compiacenze sentimentali sono la malinconica conclusione di una poesia che era iniziata come ribellione.
Ripubblicate nel postumo Fons Amoris in una versione rivista dall’autrice.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Adolescente, nelle terse notti,
volevi numerar tutte le stelle;
ma a quell’immenso tremolìo di luci
affaticati gli occhi
ti si chiudean con volontà di pianto.
Quando intatta la neve il tuo giardino
ammantava di bianco, e le muraglie
scure parean di fronte a quel candore,
volevi numerar tutte le falde
mulinanti nell’aria in taciturna
vertigine; ma cieca
fuggir dovevi al folle abbaglio. E venne
la dura vita. Or sai
che niuno al mondo noverar può gli astri:
o le falde di neve: o della pioggia
le gocciole: o le sabbie dei deserti.
Sola fra moltitudini, perduta
fra le stirpi sepolte e le presenti
e le future, invano
tenti il mistero penetrar del moto
che ti sospinge, e l’anima e il travaglio
degli umani, nel tempo. E soffri. E questa
pena portar sino alla morte devi.
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