I tre saggi riuniti in questo volumetto sono fondati su poche e solide convinzioni di base tra le quali spicca innanzi tutto il concetto che i popoli non differiscono tra loro per intelligenza nel tempo e nello spazio. Le ragioni quindi di sviluppi diversi del progresso scientifico, almeno come l’intendiamo in occidente dal secolo dei lumi in avanti, sono attribuibili a diverse attitudini delle popolazioni ed in relazione ai momenti storici.

Il progresso scientifico procede secondo le caratteristiche dell’eredità culturale, cioè trasmettendo da una generazione all’altra, prima con la tradizione orale e poi con la scrittura, il complesso di cognizioni acquisite. Si può quindi affermare che l’evoluzione culturale ha caratteristiche lamarckiane, cioè si svolge grazie alla trasmissione dei caratteri acquisiti; ma si svolge anche a sbalzi (proseguendo la metafora dell’evoluzione biologica con “salti quantici” o “equilibri punteggiati”). Infatti abbiamo nella storia della scienza lunghi periodi conservativi alternati a brevi momenti di accrescimento del sapere dovuti per lo più a gruppi ristretti di scienziati se non a uno solo. In questa direzione Vacca contrappone il suo modello a quello di Levy-Bruhl. Da questi concetti l’autore dipana poi la sua idea di diffusione della scienza in altri continenti e, soprattutto, di come possa essersi verificata l’affermazione, con la connessione tra i “plagi” di Leibniz e le esperienze gesuitiche in Cina, dell’idea di un’antica scienza posseduta e perduta dai cinesi e ritrovata dagli Europei. Ritrovamento che i cinesi per secoli trovarono tuttavia poco interessante e con scarse possibilità di applicazione.

Nel secondo saggio-conferenza vengono esaminate le implicazioni che ha la connessione tra le scienze matematiche e l’industria. Le riflessioni su queste relazioni risalgono in realtà a sperimentatori del Quattrocento, nei trattati di ingegneria mineraria, di arte della navigazione, di balistica, di arte delle fortificazioni. Tramite questi si sviluppa una nuova considerazione per il lavoro manuale e viene dato risalto alla funzione culturale delle arti meccaniche, affermando ancora una volta l’immagine della scienza come costruzione progressiva e come una serie di risultati che si collocano uno dopo l’altro a un livello di complessità o di “perfezione” sempre maggiore. Vacca vuole ricercare queste origini fin dagli stadi primitivi di homo sapiens, trovando analogie addirittura in un mondo animale ancestrale ma tuttora osservabile, per poi soffermarsi, coerentemente alle sue attitudini e interessi, sulle specificità degli sviluppi della matematica.

Nella terza conferenza Vacca tenta invece una sintesi dei concetti espressi nei due precedenti saggi, prendendo in esame il problema dell’origine ed essenza del numero intero.

Credo si possa affermare che Giovanni Vacca e le sue ricerche e riflessioni si possano inquadrare all’interno del tema “guardare al passato”. Il passato si configura come un valore rispetto al presente e ogni progresso può apparire come un “ritorno”. Per cui la ricerca della verità non può essere svincolata dal recupero dei valori che provengono dall’età dell’oro.

Il tema di un nuovo e profondo legame tra le nuove scoperte e una nuova filosofia è stato un tema che ha attraversato tutta la cultura europea fin dal XVIII secolo ma lo possiamo ritrovare anche risalendo indietro nel tempo negli scritti di Giuseppe Valletta, Francesco Patrizi, William Gilbert, Vittorio Zonca. E l’impostazione metodologica di Vacca, attento studioso capace di riflettere su se stesso come soggetto che osserva, porta con sé gli elementi di questa tradizione epistemologica.

Questa pubblicazione rientra nell’attività che, subito dopo la liberazione di Roma, un gruppo di studiosi dediti alle più diverse attività scientifiche, filosofiche, storiche ed artistiche intraprese soprattutto per iniziativa di Gerolamo Azzi, pioniere nell’ambito dell’ecologia agraria, e dell’ing. Giovanni Gallarati, capo servizio del Centro Internazionale di Televisione, costituendo il “Centro di Sintesi Scientifica”. Questa aspirazione alla “sintesi” come condizione necessaria allo sviluppo del pensiero moderno – e scaturente dalla tendenza alla specializzazione e alle limitazioni che questa comporta nell’attività dei singoli studiosi – era molto viva in Giovanni Vacca, che si fece interprete della necessità di stabilire collegamenti in tutti i campi di ricerca, di cercare rapporti tra discipline diverse e superare i compartimenti-stagni spesso imposti dalle umane limitazioni ma di carattere arbitrario. Accanto quindi al lavoro di approfondimento specifico e di confronto tra specialisti, sorge – ed oggi forse ancora di più – la necessità di conoscere e di fruire dei progressi realizzati in campi diversi. Per questi obiettivi il Centro di Sintesi scientifica, insieme ad altre istituzioni come l’Unione Italiana Naturalisti e l’Istituto per la Storia delle Scienze – del quale anche Giovanni Vacca faceva attivamente parte – promossero la collana editoriale “Quaderni di Sintesi” curata dal geologo e paleontologo Alberto Carlo Blanc, della quale collana questo lavoro di Vacca è il testo di apertura.

Mi è parso quindi opportuno sottolineare, in occasione della pubblicazione in e-book di questo libro di Vacca, l’azione lungimirante e progressista in ambito scientifico di personaggi forse oggi non molto noti ma che diedero un contributo importante, in un momento storico particolarmente difficile, perché fosse superato un ventennio di oscurantismo che aveva affossato buona parte delle possibilità degli studiosi italiani di essere parte di un progetto di ricerca più vasto e articolato.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Desidero al principio di questo discorso rendere omaggio alla memoria di Ting Wen-chiang, nato nel 1887, morto tragicamente nel gennaio 1936, forse il migliore e il più nobile di quel migliaio di Cinesi che conobbi e di cui conservo grata memoria, nei due anni passati in Cina, nel 1907-1908.
Ebbi l’occasione di compiere con lui, durante un mese, il mio viaggio di ritorno dalla Cina. Egli era allora poco più che ventenne. Dopo aver studiato scienze geologiche in Europa, divenne professore all’Università di Pechino, direttore dell’Ufficio Geologico della Cina e segretario dell’Accademia delle Scienze di Pechino.
Il mio viaggio in Cina era stato in origine progettato da me in seguito ai primi studi di cinese, desideroso di vedere fino a che punto fosse esistita nella Cina antica una scienza di cui parlavano in modo confuso studiosi e missionari d’Europa. Il risultato fu negativo; gli antichi Cinesi non avevano mai posseduto una scienza molto sviluppata, nè questa riuscì mai a svilupparsi in Cina se non a contatto con l’Europa nel secolo XX. Ma ebbi però un compenso assai maggiore, di più ampia portata. Mi persuasi cioè che il popolo cinese, che conta ancor oggi più di trecento milioni di abitanti, non è un popolo antiquato, conservatore, misoneista, xenofobo, ma è invece dotato di un’attività più recente della nostra, pieno di vita e di fervore, desideroso di apprendere e di sapere.

Scarica gratis: Origini della scienza di Giovanni Vacca.