Il medico e naturalista milanese Filippo De Filippi fece parte della prima spedizione in Persia del neonato Regno d’Italia del 1862, insieme con una folta delegazione sia diplomatica sia scientifica. Lo scopo era infatti di accreditare il nuovo ambasciatore italiano presso l’impero della Persia, sostituendo la rappresentanza diplomatica del piccolo Regno di Sardegna. Per la mentalità orientale, l’accresciuta importanza del Regno andava mostrata da una nutrita delegazione; la scelta del ministro Rattazzi fu però di non limitarsi a moltiplicare i diplomatici, bensì di farli accompagnare da un gruppo di scienziati, militari ed esponenti del commercio.
Il risultato fu questo libro, un po’ diario di viaggio e un po’ atlante zoologico, che aspira ad essere gradito a un pubblico amante della letteratura di viaggio e dell’insolito, non solo agli interessati all’aspetto scientifico. Curioso ed attento osservatore, la maggior parte delle osservazioni del De Filippi sono rivolte al paesaggio e alla fauna; ma dai suoi commenti traspare la stima per il popolo Persiano, intelligente e laborioso. In particolare, la sua descrizione di Teheran, città che De Filippi apprezzò molto, è praticamente l’unica che visitatori occidentali abbiano tramandato di quel particolare periodo storico.
Il “centro” del libro è l’udienza imperiale, in cui la delegazione italiana fu ricevuta a Teheran, che è descritta al termine del Capitolo XV. Dopo l’incontro con lo Shah, il ministro degli Esteri chiede quindi informazioni sugli eventi del Risorgimento che portarono dal regno di Sardegna al Regno d’Italia: la sua interpretazione era che il piccolo ma militarmente forte Piemonte avesse invaso e conquistato gli Stati suoi confinanti. Il ministro chiese quindi l’origine dei componenti la delegazione, mostrando deferenza a chi provenisse dalle “vecchie” provincie e viceversa scherno per chi provenisse dai territori “nuovi”. Conclude quindi De Filippi:
«Le idee di una volontà nazionale, di una forza conquistatrice diversa da quella del cannone, della sciabola e della corda, non entreranno mai in un cervello persiano.»
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Nello scorso anno 1862 convenienze diplomatiche e vivi interessi commerciali aveano indotto il ministero Rattazzi a non più ritardare l’invio di una ambasciata straordinaria all’imperatore della Persia, per la quale fin dall’anno precedente eransi date tutte le disposizioni, ed assunto il più formale impegno. Per quella pompa esterna che determina presso gli Orientali il grado di rispetto, per meglio esprimere il grande mutamento politico che aveva d’un tratto fatto sparire il piccolo reame di Sardegna, e creato il grande regno italiano, il ministero aveva deciso di rendere la missione più numerosa di quanto erasi prima stabilito. E poichè la scelta delle persone poteva farsi con qualche larghezza, volle il governo profittare della circostanza per limitare la parte diplomatica della missione stessa, ed ingrossarla con persone che rappresentassero la milizia, le scienze, le arti.
Il brevissimo tempo che doveva trascorrere fra la definitiva composizione dell’ambasciata e la partenza, come pure la necessità di non protrarre questa, onde evitare le grandi difficoltà della stagione all’epoca del ritorno, non lasciavano agio a concertare programmi, a radunare mezzi materiali conformi al carattere ed alla responsabilità dì una vera missione scientifica; ma d’altra parte non poteva essere indifferente l’acquistare di quel singolare paese che si dovea percorrere uno o più ordini di cognizioni.
Scarica gratis: Note di un viaggio in Persia nel 1862 di Filippo De Filippi.



