La raccolta di poesie Nojantri di Augusto Jandolo fu pubblicata nel 1945. Sicuramente molti di questi versi erano noti per essere stati recitati dall’autore stesso, come era abitudine, al gruppo degli amici romanisti, in quelle serate intellettuali e conviviali che venivano spesso organizzate. L’edizione è ricercata, ornata da illustrazioni di indubbio interessante, opera del pittore ed incisore Duilio Cambellotti (1876 – 1960), che in quegli anni godeva di una solida fama. Le immagini però non sono presenti in questa edizione Liber Liber perché ancora sotto diritto d’autore.

Nelle Due parole di premessa l’autore avverte:

«”Nojantri” e non davvero “Noantri” come da qualcuno si va ripetendo da circa una dozzina d’anni. Anche se il grande Belli abbia usata questa parola una o due volte, non mi pare una buona ragione per ridar corso a una parola antiquata che nessun popolano adoprerebbe oggi.»

perché al tempo di Jandolo il romano si usa ancora, e come! Oggi però la festa, che si celebra d’estate nel rione Trastevere e che pare abbia origine nella prima metà del XVI secolo, è ben nota come la “Festa de Noantri”.

La raccolta segue vari filoni sparsi: il carattere romano per eccellenza; i piaceri della quiete, della semplice vita familiare e della cucina; lo sfottò nei confronti di coloro che non sono ‘noiantri’.

Vediamo qualche poesia.

La prima, Nojantri, che dà il titolo alla raccolta, è una presentazione del romano verace, uno che il suo lavoro lo fa, con perizia ma con calma e se è il momento di riposare, se lo sa godere. Altre sfumature del romano si leggono in Lucullo e in Romano ar cento per cento, dove Jandolo ricorda anche le vecchie tradizioni al tempo degli antichi romani e del papa re.

La fontanella de lo studio mio è un delicatissimo inno alla fontanella vicino allo studio di antiquario dell’autore. Non è una cosa, è un’amica fedele e disinteressata, che gli è stata vicino in ogni momento triste o felice della vita.

Ne La bruschetta l’autore, oltre a fornire la perfetta ricetta della bruschetta, riprende la tradizione delle poesie culinarie che già abbiamo trovato in alcuni versi del volume Misticanza. In L’acqua su li spaghetti Jandolo raccomanda di accompagnare sempre gli spaghetti con un buon bicchiere di vino, mai con l’acqua. Ne Le pietanze francese mette a paragone la cucina francese con quella romana: vincono gli “spaghetti co’ ’n frìccico de pepe, ajo e ojo!”

La lupa e l’americani è un quadretto in cui alcuni americani cercano di dar da mangiare alla lupa del Campidoglio della carne in scatola o addirittura della marmellata. Viene loro risposto:

«Ma questo è un animale ’ristocratico!
Nun va confuso mica
cor lupo americano
ch’è ordinario e servatico!»

Questa poesia è anche l’occasione per parafrasare tre versi dal famoso sonetto Li soprani der monno vecchio (1831) di Giuseppe Gioacchino Belli:

«C’era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
“Io sò io, e vvoi nun zete un …»

È un modo – certamente molto diretto – per ricordare al mondo la superiorità del popolo romano.

La solita patacca è un quadretto in rima su come si vendono ai gonzi le false monete antiche. Una pratica diffusa da sempre.

Altro tema ricorrente è quello delle cose che non sono come appaiono: la stella non è una stella, ma una lucciola che la mattina dopo è “un bagarozzo che nun vale gnente”; se scopri l’uomo nel poeta, è come se strappassi le ali a una farfalla: “che ciarimane?… Un vermine!” Meglio tenersi le illusioni.

Così ne Le stelle è tenera e deliziosa la trovata della mamma che, per il suo bambino che vuole portare una stella a dormire nel suo letto, racconta che le lucciole sono stelle. E ne Er pittore ceco vive nell’artista l’illusione del ritratto della moglie e della figlia ormai morte, “un cartoncino rosa dove nun c’era fatto manco un segno” che egli non vede ma che ricorda dipinto dal grande Fortuny il 15 ottobre 1870 durante un soggiorno romano. Peccato che Mariano Fortuny, l’unico pittore noto con questo nome, sia nato nel 1871 e morto nel 1949. Ne Er saliscegne poi l’illusione è ancora più forte: la mamma, è stato raccontato ai due figlietti, è morta. Ma lei in realtà è stata cacciata di casa dal marito. Moglie indegna? Jandolo non lo dice. Una sera lui è fuori e la mamma fa una fugace visita ai figli: allora le loro preghiere alla Madonna sono state esaudite! Il padre tornando sorprende la donna mentre sta fuggendo via, quasi la uccide, ma rientrando in casa convince i figli di aver visto un fantasma… e l’illusione continua.

La cisterna,rievocazione affettuosa dell’osteria di Trastevere – dove nel 1929 Jandolo, insieme con altri appassionati dello spirito e delle tradizioni di Roma, fondò il gruppo “Romani della Cisterna”, che poi prese il nome di Gruppo dei Romanisti – è l’occasione per ricordare le glorie passate e per immaginare che tornino anche Belli (1791 – 1863) e Pinelli (1781 – 1835). Al primo chiede:

«’Mbe’ che ce dite de ’sto Romanesco,
che quarche capiscione
vorebbe se scrivesse e se parlasse
come ner tempo vostro?
Ah, puro voi credete ch’er dialetto
sia fijo primoggenito der tempo?»

E rassicura Bartolomeo Pinelli, che Trastevere è rimasto esattamente come il pittore lo ha descritto nelle sue incisioni di oltre un secolo prima.

L’ultima poesia della raccolta, A proposito d’un trasporto de Capitale, ricorda che da un giornale lombardo era stata fatta l’ipotesi di spostare la capitale da Roma a Milano. Jandolo commenta il fatto con tutta la sua ironia, immaginando il riuso dei palazzi del potere, perché dopo tutto l’Urbe negli ultimi vent’anni, riferendosi al periodo fascista, si è fatta una bella scorpacciata “d’adunate e cortei | gajardetti e trofei!”. A Roma resteranno

«’sti quattro sassi dell’antichità
ch’ànno mannato in estasi,
per anni e anni sani,
li fregnoni più celebbri der monno:
tanto russi che inglesi e americani.»

Jandolo, persona d’indole gioviale e generosa, parla tra sé e sé in Soliloquio e riconosce che lui a far del bene ci prova gusto. Pretendere riconoscenza non è forse troppo?

Buona lettura!

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Nun dico ch’er romano
tutte le cose sue le facci presto,
anzi dirò de più: che le fa piano
perché la prescia, spesso e volentieri,
je serve de pretesto:
quer che nun fece jeri
vôrdì’ che lo fa oggi,
si nun lo fa domani. Che raggione!
Nun casca mica er monno,
ne cambierà la faccia de la storia
si quarchiduno dice ch’è un carcone!

Scarica gratis: Nojantri di Augusto Jandolo.