Agata Tomsic ne è interprete nella visione di Heiner Müller
Medea, personaggio della tragedia di Euripide del 431 a.C., è certamente tra i più controversi e affascinanti, ripreso più volte da scrittori, drammaturghi e registi, da Anouilh a Christa Wolf, da Pasolini a Lars von Trier, sempre di grande impatto.
Venerdì 26 e sabato 27 settembre alle Artificerie Almagià di Ravenna, in anteprima, Agata Tomsic, attrice, drammaturga e co-fondatrice, insieme al regista e musicista Davide Sacco, di ErosAntEros, in occasione dei 15 anni di vita della compagnia, ha portato in scena Materiale per Medea, di cui è interprete e regista.
Non poteva non essere la Medea di Heiner Müller, che tra il 1949 e il 1982 compone appunto Riva abbandonata, Materiale per Medea e Passaggio con Argonauti, in cui il mito è riletto in una chiave fortemente contemporanea, femminista, antipatriarcale e decoloniale.
In uno spazio scenico raccolto e suggestivo, dove la luce è calibrata minuziosamente, rimandando ad una prospettiva voyeuristica da parte dello spettatore rispetto al dramma che si consuma davanti ai suoi occhi, Agata-Medea, corpo esile e sinuoso, avvolto nel mantello, maledice, impreca, odia, uccide.
Un personaggio disperato e feroce che Müller traspone sul piano storico contemporaneo. La vicenda di Medea diventa metafora dell’Occidente colonizzatore e sfruttatore. Connotato da quelle stesse pretestuose spinte civilizzatrici che il drammaturgo tedesco ravvisa nei greci verso i popoli barbari della Colchide.
Medea, ad un certo punto, lentamente, si denuda, inizia a ruotare intorno a sé proiettando su ciascuno spettatore, diventato, in questo ribaltamento di prospettiva, corresponsabile della tragedia in atto, una minuscola luce. Non è più carne ma voce, racconta il desolante paesaggio post-atomico dell’Occidente.

Di seguito l’intervista ad Agata Tomsic.
Medea racchiude tanti archetipi del femminile: regina, moglie, amante, madre, assassina, ma anche straniera, reietta, strumentalizzata a fini politici. Che approccio hai avuto per interpretarla attraverso il filtro di Heiner Müller?
A.T.: “Ho scelto di lavorare su questo testo di Heiner Müller, perché mi sono innamorata della radicalità e della potenza sonora e poetica della sua parola, in un momento in cui stavo leggendo diverse autrici in cerca di una figura femminile forte a cui dedicare la mia prima regia da sola. La sua Medea è violentissima, radicalissima, atroce, umana e divina allo stesso tempo. Per me, che da oltre 13 anni porto avanti una ricerca sulla voce e la musicalità della parola, approdare ad Heiner Müller è stato un evento abbastanza naturale, anche considerando il suo forte legame con Bertolt Brecht e il teatro politico del ‘900. Entrambi elementi fondamentali del mio percorso artistico, che quindi mi hanno consentito di affrontare il mito di Medea senza distanziarmi dall’estetica e dai contenuti che hanno caratterizzato il mio percorso precedente in ErosAntEros in questi ultimi 15 anni”.
Cosa ci dice il personaggio di Medea sul rapporto della donna con il potere e con la disobbedienza?
A.T.: “Medea è una donna, giovanissima, che si oppone al potere patriarcale prestabilito diverse volte lungo la sua parabola, nelle varie versioni del mito (dove tra l’altro non sempre uccide i propri figli). Lo fa per prima cosa, rinnegando la legge di suo padre, aiutando l’occupatore straniero, Giasone, a impossessarsi del Vello d’oro e sacrificando nella fuga suo fratello stesso per farlo. Rinnega in tal senso la sua progenie, ma anche la sua patria (l’origine etimologica di questa parola d’altronde non è casuale!).
Lo fa una seconda volta dopo essere stata tradita da Giasone, rinnegando il suo ruolo di cura di madre (nei confronti dei propri figli) e di moglie che ubbidisce al marito e si fa in disparte quando non è più desiderata.
Medea pone se stessa prima delle leggi che la società le impone in quando donna, figlia e madre: è questo che la rende un mito estremamente potente, riscritto più di 2000 volte dall’antichità ad oggi, che parla ancora fortemente al nostro presente. Per non parlare della dimensione di Medea come barbara, straniera, migrante, da civilizzare dall’esportatore della democrazia greca Giasone, di un’attualità ancora più feroce”.

Materiale per Medea è stata composta in un periodo di tempo lungo ed è composta di tre parti. Quali parti del testo hai scelto e qual’ è stato il criterio della scelta?
A.T.: “Ho scelto di lavorare sul testo integrale. In esso soltanto si nasconde tutta la potenza del mito, con tutte le sue sfaccettature e declinazioni politiche, sociali e di genere”.
Medea veste sontuosamente i colori dell’oro e del nero, ma è immersa nel buio per accentuare la componente sonora della performance. Deve soprattutto essere ascoltata più che guardata?
A.T.: “Müller afferma che Riva abbandonata, il primo dei monologhi da lui scritti e raccolti attorno alla figura di Medea, potrebbe essere ambientato in un peep show. In un’intervista degli anni ‘80, trent’anni più tardi, quando il trittico verrà completato e rappresentato, affermerà che il voyeur ha la possibilità di pagare un buon posto da cui osservare indisturbato il maggior numero possibile di catastrofi. Queste sono le due chiavi di lettura fondamentali delle mie scelte registiche relative alla scena e alla mia interpretazione dello spettacolo, nel particolare rapporto con la luce e la possibilità di visione o meno da parte degli spettatori”.
Veniamo alla componente musicale e al contributo di Matevž Kolenc, col quale avevi già collaborato in Santa Giovanna dei Macelli. La musica è stata composta prima, dopo o contemporaneamente al testo tradotto?
A.T.: “Il testo è stato composto da Heiner Müller tra il 1949 e il 1982. Io mi sono limitata a rileggere con cura le sue traduzioni italiane, decidere su quale desideravo lavorare e paragonarla con l’originale tedesco, le traduzioni inglese e slovena, per comprenderne meglio ogni parola ed evidenziarne i molteplici significati.
Ho iniziato a leggerlo ad alta voce da subito e a ripetere questo mio rito una volta a settimana tutta l’estate del 2024, mentre ancora ero in cerca di un nuovo progetto su cui focalizzarmi. Una volta presa la decisione, ho invitato Matevž a condividere con me questa avventura. Abbiamo lavorato a partire dalla mia interpretazione vocale del testo e dalle mie indicazioni registiche, sullo spazio, le atmosfere, la richiesta da parte mia di creare un dispositivo scenico-sonoro capace di avvolgere gli spettatori.
Ci siamo incontrati diverse volte nel suo studio a Lubiana, a intervalli di mesi tra gennaio e le prime prove nello spazio ad agosto 2025, per costruire insieme la partitura sonora-vocale dello spettacolo. Il processo è stato abbastanza naturale e condiviso da parte da entrambi. E devo ammettere che sono molto soddisfatta del lavoro che ne è nato, e che ha inglobato diverse proposte portare da Matevž durante il processo che hanno fortemente influenzato anche la resa scenica e performativa dello spettacolo”.
a cura di Anna Cavallo
Materiale per Medea è in prima nazionale il 12 ottobre 2025, al Festival d’Autunno, Catanzaro