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(voce di SopraPensiero)Quando un politico va all’estero non ci va mai da solo. Nella delegazione che lo accompagna (e che in certo modo rappresenta il Paese) c’è tutta una pletora di personaggi che, a diverso titolo e con differenti mansioni, partecipa alla «missione»; umanità varia nella quale lo sfaccendato si ritrova seduto affianco all’imprenditore animato da secondi fini, la «donna in carriera» va a braccetto con il fornitore di «servizi vari». E in questo gruppo può capitare che vi sia anche il cronista personale del ministro, la cui penna sarà utile al rientro a descrivere l’esperienza nel migliore dei modi. Cento italiani, dunque, appresso al ministro: ad incontrare una Cina che – una volta superato l’impatto con gli aspetti più superficiali ad uso dei turisti – può mostrare un volto ben diverso da quello con il quale ce la si raffigura di solito; vista attraverso le strade, le piazze, gli edifici, ma soprattutto la gente, delle tre metropoli di Pechino, Shanghai e Chongqing.
Ennio Greco, navigato cronachista mondano, scrive un libro continuamente in bilico tra il serio e il faceto, che strizza l’occhio a pagine alterne a un lettore abituato a sentir sparlare dei tanti guasti della politica, soprattutto nei suoi aspetti più ridicoli, con un linguaggio rapido e alla mano che sembra voler catturare il sorriso del lettore più che la sua attenzione. In una trattazione concentrata sul rapporto tra capitalismo e comunismo (dove l’altra grande protagonista è la Russia) che ospita passaggi sul gesuita Matteo Ricci, Blade Runner, i Beatles e i Pink Floyd.
E. Greco, Mao e me. Cento italiani in Cina (appresso a un ministro), ed. GOWARE, 2014.