Mafarka le futuriste fu pubblicato nel 1909 in Francia e, tradotto da Decio Cinti, comparve in Italia l’anno successivo. È noto che la lingua francese era quella prediletta da Marinetti e la nascita del Futurismo fu legata, almeno nei suoi primi passi, a questa lingua. Fu “Le Figaro” ad annunciare in prima pagina la nascita del futurismo il 20 febbraio 1909.

La traduzione italiana di Mafarka il futurista ebbe subito vita difficile perché la Procura di Milano ne ordinò il sequestro per «oltraggio al pudore». La vicenda diede luogo a un processo che iniziò l’8 ottobre 1910 e che vide l’assoluzione di Marinetti. Le vicende di questo processo, con la partecipazione di Luigi Capuana come perito di difesa, saranno pubblicate prossimamente in questa biblioteca Manuzio in appendice al poema dello stesso Marinetti Distruzione.

Il romanzo fu ripubblicato nel 1920 dall’editore Sonzogno con tagli significativi, fin dalle dediche che nella riedizione sono eliminate. Forse perché alcuni dei destinatari della dedica originale, e tra tutti spicca Gian Piero Lucini, si erano nel frattempo allontanati dal futurismo. Questo nonostante proprio Lucini sia stato tra i primi a insorgere con veemenza contro la decisione della Procura di Milano. Poiché era stato assolto non era necessario rieditarlo in maniera «purgata», ma Marinetti volle così, in pratica rendendo incoerente il titolo del primo capitolo Lo stupro delle negre con il suo contenuto epurato. Sono diverse le interpretazioni sulle cause di questa decisione marinettiana. Luigi Ballerini, certamente tra i più importanti studiosi del futurismo in Italia scrive:

«Marinetti preferì ricorrere a un singolare stratagemma che, consentendogli di continuare la canzone del lamento e della protesta, garantisse al suo romanzo una vita futura tutt’altro che sotterranea. E Mafarka si vestì di una nuova veste editoriale: quella, non dichiarata, di ‘romanzo purgato’».

La descrizione del romanzo può essere fatta lasciando la parola allo stesso Marinetti che così difese il suo lavoro nel corso del processo:

«Vi ho descritto l’ascensione impressionante di un eroe africano, fatto di temerità e di scaltrezza, che dopo aver manifestato la più irruente volontà di vivere e di dominare in battaglie e avventure molteplici, sbaragliando gli eserciti dei negri e conquistando lo scettro della sua città liberata, non sazio ancora di aver foggiato il mondo a suo piacimento, si innalza subitamente dall’eroismo guerresco a quello filosofico e artistico. Egli vuol creare e crea in una lotta sovrumana contro la materia e le leggi meccaniche, il suo figlio ideale, capolavoro di vitalità, eroe alato a cui trasfonde la vita in un bacio supremo senza il concorso della donna, che assiste al tragico parto sovrumano. Io volli, con questo romanzo, dare all’uomo una speranza illimitata nel suo perfezionamento spirituale e fisico, svincolandolo dalle ventose della lussuria e assicurandogli la sua prossima liberazione dal sonno, dalla stanchezza e dalla morte. Volli descrivere l’elevazione gloriosa della vita, che fu vegetale, animale e umana e che si manifesterà presto in un prodigioso essere alato ed immortale. Volli sconfinare il divenire dell’uomo in una moltiplicazione infinita di forze e di splendore.»

Certamente troviamo in questo romanzo alcuni dei temi caratteristici del futurismo e soprattutto sempre presenti nella scrittura di Marinetti. Il tema di derivazione nietzschiana del superuomo, il disprezzo per la donna, l’esaltazione della guerra, la celebrazione della macchina. Mafarka-el-Bar – re africano che difende la propria città con atti eroici dall’assedio di schiere di “negri” – impersona appunto il superuomo dotato di doti sia fisiche che morali tra le quali rifulge certamente il coraggio che può realizzarsi solo in presenza di una formidabile volontà. La stessa invincibile volontà gli permette di procreare in deroga alle leggi naturali e quindi indipendentemente dal rapporto con una donna, la quale in quanto inferiore non può che procreare figli mortali. La donna diventa emblema di conservazione e immobilismo e a questo si contrappone l’eroe superomista proiettato verso il futuro. La figura di Colubbi altro non rappresenta se non la madre Terra e quindi, in quanto progenitrice di tutta l’umanità, vuole rivendicare la nascita del figlio di Mafarka, Gazurmah, uccello invincibile e gigantesco. Gazurmah ormai formato in tutte le sue parti, uccide il padre – atto che gli consente soprattutto di recidere il legame tra la nuova umanità artificiale, superiore e immortale, con quella di matrice organica imperfetta e condannata alla putrefazione – e successivamente Colubbi, ma è in quest’ultimo atto che emerge un simbolismo misogino attraverso il quale pare potersi superare la mediocrità terrena. L’esaltazione della guerra compare già nella dedica (scomparsa poi, come già detto, nell’edizione del 1920) nella quale si legge:

«Glorifichiamo la guerra! […] Essi [i pacifisti] non capiranno mai che la guerra è la sola igiene del mondo!».

Ma già dal primo capitolo, Mafarka si fa interprete delle convinzioni bellicistiche di Marinetti rispondendo a Kaim, che vorrebbe procedere pacificamente all’irrigazione delle terre e ad altre opere di bonifica, e dichiara:

«Me ne infischio, dei tuoi canali!… Amo la guerra, io!… Capisci? E il mio popolo l’ama altrettanto!… Gli uomini delle campagne possono nutrirsi di sterco! Ne sono degni!… E il Sole, del resto, basta da sè a lavorar la terra!…»

Il tema della guerra si svolge anche nei capitoli successivi assumendo carattere mistico-religioso. La celebrazione della macchina è interpretata dalla violenza meccanica di Gazurmah. Dalle parti che concorrono alla sua formazione, alla quale partecipano i nerboruti fabbri e, in antagonismo con questi, gli esili tessitori e lo stesso Mafarka che scolpisce il volto del figlio nel tronco di una quercia, scaturisce un organismo vivente, dotato non solo di movimento cosciente, ma di volontà e anima. La metallizzazione della carne umana, destinata alla corruzione, appare, come scrisse De Maria, «superamento della morte e glorificazione del corpo». Siamo di fronte alla prima rappresentazione della rescissione del legame tra l’essere artificiale, superiore e immortale, e la sua matrice organica. Non si può non sottolineare che questa contrapposizione e quasi odio tra l’essere meccanico – successivamente cibernetico – e il suo artefice appartenente a un’umanità ormai arcaica compare con costanza in moderne opere letterarie e cinematografiche; penso ad esempio a Terminator e a una parte consistente della letteratura cyber-punk.

Altro aspetto presente in questo romanzo che più volte verrà ripreso dalle attività artistiche del futurismo è quello della fine del mondo, qui rappresentato soprattutto in prospettiva transumanista. Ma questa prospettiva prende corpo dopo che Gazurmah sfida e vince le forze della natura. Prima il Sole, poi l’aria (le Brezze Beffarde), poi il Mare e la Terra stessa. A quel punto la “vecchia” umanità è ormai condannata e Gazurmah può dispiegare le sue ali e slanciarsi in direzione dell’infinito:

«Indietro, Sole, re detronizzato a cui ho distrutto il regno!… Io non temo le tenebre infinite!… Io non sono un uomo strisciante che si sforza, durante la notte, di spingere la sua piccola testa di tartaruga fuori dall’immenso guscio del firmamento!… Il firmamento?… Io ne sono padrone!… Le mie grandi ali possono dare cento battiti ad ognuno dei miei respiri. E il mio soffio piega le foreste, poichè ho polmoni immensi e predisposti alle atmosfere irrespirabili che dovrò attraversare immergendomi nello sguardo obliquo e rosso di Marte!… Ma, prima, io devo conquistare la capitale dell’Imperatore Scarlatto!…»

C’è da aggiungere che questi temi cari al futurismo saranno sviluppati da altri scrittori e artisti, svincolandosi però dalle tematiche bellicistiche e misogine tanto care a Marinetti. Abbiamo già in biblioteca Manuzio alcune opere interessanti di Morasso, non potremo invece ancora per parecchi anni presentare quelle dell’anarco-futurista siciliano Ruggero Vasari, la cui idea di fine del mondo, tematica della guerra e concezione del ruolo della donna vengono ad assumere connotati decisamente diversi. Mi riferisco soprattutto a L’angoscia delle macchine, che a mio avviso, rappresenta la strada con la quale si possono recuperare alcune idee guida proprie del futurismo sfrondandole dagli aspetti che oggi possono ragionevolmente apparirci più antipatici.

Abbiamo preso come testo di riferimento per questa edizione elettronica l’edizione Sonzogno del 1920 corredandola però in nota di tutte le parti espunte rispetto all’edizione del 1910 e annotando anche le sostituzione di termini o brevi frasi. Non sono segnalate invece le poche variazioni ortografiche (es. guance-guancie) o di segni di interpunzione.

Tra i testi entrati nel pubblico dominio al primo gennaio 2025, il futurismo avrà una parte non trascurabile, poichè tra gli autori defunti nel 1954 troviamo, oltre a Decio Cinti, autore di questa e di altre traduzioni dal francese di testi di Marinetti, del quale fu segretario privato, ma non solo, troviamo infatti Enrico Cavacchioli, Federico De Maria ed Emilio Settimelli.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

— Cane! Scorpione! Vipera cornuta!… Lascia quella negra!… Ti proibisco di torcerle un capello!… Ma dove s’è cacciato il mio primo capitano?… Abdalla! Abdalla! Abdalla!…
Si udì un gemito di donna ferita, e, con qualche intervallo, il rumore di una lotta violenta, in un boschetto di fichi, a venti cubiti sotto i merli della fortezza, dall’alto della quale Mafarka-el-Bar, re di Tell-el-Kibir, sorvegliava la enumerazione dei prigionieri negri, gridando dei comandi ai suoi ufficiali.
— Abdalla! – soggiunse il re; – è laggiù, sul margine del terrapieno!… Presto! Afferra pel collo quel cannoniere, e gettalo nel fossato!
Echeggiò un grido straziante, e, poco dopo, si udì il colpo sordo e lontano d’un corpo caduto da una grande altezza su delle pietre.
— Padrone, t’ho obbedito!
Il gemito femminile si trascinò, affievolito, pel boschetto di fichi, e andò estinguendosi a poco a poco, mentre crescevano il tintinnìo delle catene e lo scalpiccìo dei piedi ignudi nella polvere.

Scarica gratis: Mafarka il futurista di Filippo Tommaso Marinetti.