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L’uomo che camminava per le strade è un romanzo incompiuto. L’indice completo che è stato trovato nel manoscritto prevedeva 23 capitoli, ma il testo si interrompe al termine del capitolo ottavo. Lo stesso capitolo ottavo venne pubblicato su “Il Meridiano di Roma” il 18 febbraio 1940 come racconto autonomo con il titolo Sera sul fiume. Lucia Giroletti, nel suo interessante lavoro su Silvio D’Arzo La “religione” della scrittura, ipotizza altresì che i racconti I morti nelle povere case e Peccato originale corrispondano ai capitoli tredicesimo e quattordicesimo del romanzo progettato ma rimasto incompiuto.
La prima edizione di questo testo è del 1981 a cura di A. L. Lenzi sulla rivista “Contributi” anno quinto n. 9 con il titolo Un inedito giovanile: «L’uomo che camminava per le strade». Certamente questo testo va inquadrato nel periodo di grande attività di scrittura dell’autore negli anni 1939-40. In una lettera ad Aldo Garzanti del 24 marzo 1942 D’Arzo ne propone la pubblicazione.
L’ambientazione, quella della scuola, non è certo insolita per la narrativa darziana: la troviamo anche, per esempio, in Un ragazzo d’altri tempi e in Penny Wirton. Carlo Stresa, protagonista del racconto, è un professore di latino che vive in una pensione. Il principale interlocutore di Carlo Stresa è Ladi, che è un cieco. Anche la presenza di personaggi ciechi è ricorrente nella narrativa di D’Arzo; ricordiamo ad esempio Essi pensano ad altro e, soprattutto, Penny Wirton e sua madre. Il rapporto tra Carlo Stresa e Ladi riecheggia e ripropone il rapporto tra Riccardo e Arseni in Essi pensano ad altro. I dialoghi non sono certamente particolarmente vivaci, ma il silenzio tra i due sembra comunque comunicativo e reale ed è propedeutico a una grande confidenza. Ripropone comunque domande che D’Arzo si sforza sempre di sviluppare e argomentare. «Siete religioso?» domanda Ladi; «Quanto basta, dottore.» risponde Carlo Stresa. Come non riconoscere in questo embrione di dialogo quello che ritroveremo nel capolavoro darziano Casa d’altri, tra Zelinda e il prete? Il titolo sembrerebbe indicare un percorso che del viaggio ha comunque poco: manca una partenza, un itinerario, un arrivo. C’è uno spostamento tra la pensione e la scuola che è ricco di riflessioni, sensazioni, emozioni e stati d’animo che rendono questo “camminare per le strade” un errabondo vagare.
Questo testo si configura quindi come importante nel percorso dell’autore verso le sue progressive conquiste sia stilistiche che esistenziali, e lo affiancano a vari racconti pubblicati negli stessi anni, e anche al crescere della sensibilità dell’autore attraverso letture e scrittura di critica saggistica. Non a caso nel terzo capitolo viene citato, subito dopo Lazarillo di Tormes, la cui lettura viene vista come strumento di raggiungimento della serenità, Il libro di Goha il semplice di A. Ades e A. Josipovici. Lettura che si ricollega all’interesse di D’Arzo per il Robinson Crusoe che non appare ininfluente su questo racconto: abbiamo ancora una volta uno sfuggire e un trapiantarsi altrove e dall’altrove inviare messaggi. Dalla distanza e dalla solitudine si costruisce però uno spazio di ricerca e una spinta all’azione. La prova di questa ricerca la troviamo anche nei tentativi di aggregazione e disgregazione della propria scrittura, estrapolazione e trasferimento da un testo all’altro, testimoniata dai motivi ricorrenti e dalla riproposta come racconti autonomi di singoli capitoli dei suoi testi, come in questo caso. Sicuramente questa sua ricerca e sperimentazione narrativa e linguistica, la sua originalità ha una parte importante per confinare D’Arzo in quel profondo destino di solitudine e di oblio nel quale è stato relegato.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Carlo Stresa compiva ventinove anni quel giorno. E il numero gli fece uno strano effetto. Suono sgradito, inconsueto. Si era abituato a dire ventotto, ventotto, ventotto, per trecentosessantacinque giorni in fila e adesso non riusciva a capacitarsi di non poterlo più dire. E per un solo giorno, poi: per le ultime ventiquattr’ore soltanto neutre e grigie come le migliaia d’ore passate da quand’era nato. Fino a martedì, ieri, aveva ventotto anni, e adesso un anno di più, di punto in bianco; ora ne aveva ammucchiato di colpo ventinove; come uno, quel droghiere là, per esempio, sulla piazzetta che domani, fra solo dodici ore e qualche cosa, ne potrebbe anche compiere trenta.
Il droghiere sarebbe andato a dormire verso le undici, come tutte le altre sere: un sonno riposato, di gusto, da persona sana; poi il risveglio, quando per le strade si sente il primo odore del pane. E avrebbe avuto trent’anni.
Scarica gratis: L’uomo che camminava per le strade di Silvio D’Arzo.