Lumìe di Sicilia è un dramma in un atto, scritto da Luigi Pirandello sulla base di una novella omonima del 1910. Appartiene al primo periodo, definito ‘del teatro siciliano’, della produzione drammatica dell’autore poco più che quarantenne. Fu il primo dramma di Pirandello ad esser rappresentato insieme con La morsa. Le due opere furono interpretate il 9 dicembre 1910 al Teatro Metastasio di Roma dalla Compagnia dei Minimi di Nino Martoglio. Lo stesso autore curò poi una versione in lingua siciliana che venne interpretata il 1º luglio 1915 a Catania dal grande Angelo Musco. Era convinzione di Pirandello che la lingua siciliana fosse più viva dell’italiano ed in grado di essere più vicina alla realtà. La lumìa è il frutto di una pianta appartenete al genere Citrus, molto profumato e simile al limone.

Micuccio Bonavino, umile maestro di ottavino nella banda del suo piccolo paese, ha scoperto le doti canore di Teresina, giovanetta ancor più povera di lui. Si innamora perdutamente di lei e fa di tutto per aiutarla, farla studiare e seguire lezioni di canto a Napoli. Vende addirittura un suo piccolo podere. Micuccio è sicuro di essere ricambiato. Sente che il suo destino è sposare Teresina. Ma la ragazza, che ormai ha raggiunto il successo e si fa chiamare Sina Marnis, ormai vive una realtà completamente diversa, della quale Micuccio e la sua speranza di matrimonio non fanno parte. L’unico legame che li unisce è Marta, la mamma di lei, sempre affezionata al buono e onesto ragazzo, ma ormai costretta a seguire la figlia nella sua vita di spettacolo. Una vita che Marta presentiva che avrebbe corrotto la giovane:

“Ne aveva viste tante, povera vecchia, in vita sua, che non avrebbe voluto neppure che a Teresina passasse per il capo di sollevarsi dallo stato, a cui essa da tanto tempo s’era rassegnata. Aveva paura, ecco.”

Il breve atto unico si svolge nella casa di Teresina/Sina a Napoli. Micuccio arriva dopo due giorni di viaggio in treno per riallacciare i rapporti con la ragazza che ormai da tempo non fa sapere nulla di sé. È stremato. I domestici vorrebbero cacciarlo. Solo dopo una lunga anticamera, si presenta a lui Marta e poi, in tutto il suo splendore, Sina. Per Micuccio è un’apparizione che distrugge l’immagine che ancora lui conserva nel cuore e sente tutta la sua inadeguatezza, vuole spezzare tutti i legami, seppur lievi, che restano fra lui e la ragazza: “Non è…. non è più lei…. Teresina….” Non è neanche più degna delle fragranti lumìe, simbolo della loro terra, che lui le ha portato in dono.

Ettore Petrolini, il grande drammaturgo ed interprete comico, dagli anni venti del ‘900 arricchì il proprio repertorio con commedie di autori italiani, scritte appositamente per lui o adattate alla sua comicità. Nel 1925 portò in scena un suo adattamento da Lumìe di Sicilia, intitolato Agro de limone. Il 23 giugno 1957 il dramma fu trasmesso in televisione dalla RAI, con la regia di Silverio Blasi e l’interpretazione da Paolo Carlini e Paola Borboni.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit della commedia:

La scena rappresenta una camera di passaggio, con scarsa mobilia un tavolino, alcune sedie. L’angolo a sinistra (dell’attore) è nascosto da una cortina. Usci laterali, a destra e a sinistra. In fondo, l’uscio comune, a vetri, aperto, dà in una stanza al buio, attraverso la quale si scorge una bussola che immette in un salone splendidamente illuminato. S’intravede in questo salone, attraverso i vetri della bussola, una suntuosa mensa apparecchiata.
È notte. La camera, al buio. Qualcuno ronfa dietro la cortina.
(Poco dopo levata la tela, Ferdinando entra per l’uscio a destra con un lume in mano. È in maniche di camicia, ma non ha che da indossar la marsina per esser pronto a servire in tavola. Lo segue Micuccio Bonavino, campagnuolo all’aspetto, col bavero del pastrano ruvido rialzato fin su gli orecchi, un sudicio sacchetto in una mano, nell’altra una vecchia valigetta e l’astuccio d’uno strumento musicale, che egli quasi non può più reggere, dal freddo e dalla stanchezza. Appena la camera si rischiara, cessa il ronfo dietro la cortina, donde Dorina domanda:)
DORINA – Chi è?

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