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In Lo stato e l’istruzione pubblica nell’impero romano, Corrado Barbagallo analizza i rapporti tra l’amministrazione imperiale e l’istruzione nel corso della storia romana.
Non dobbiamo pensare ad una istruzione pubblica statale come quella che conosciamo, almeno nei primi secoli, e soprattutto, l’intervento statale era orientato più alla educazione superiore che a quella elementare.
Il saggio affronta l’argomento in maniera cronologica, analizzando gli interventi dei vari imperatori, cominciando ovviamente da Augusto. In questo periodo, l’istruzione era principalmente affidata a privati, come maestri di scuola, filosofi e retori. Augusto inaugurò sia novità che riforme. Fece concessioni importanti agli insegnanti, i magistri, istituì una scuola per l’istruzione dei giovani nobili, e iniziò la costruzione di biblioteche pubbliche. Sulle sue tracce seguì l’aristocrazia, pedissequa imitatrice, e a Roma sorsero biblioteche, musei e gallerie che fecero da modello per municipi e province. Un ulteriore interesse personale riguarda le due più grandi riforme di Augusto. Egli guarì da una grave malattia nel 23 a. C. e poco dopo fece concedere dal Senato l’esenzione dalle tasse di ogni genere ai membri della professione medica provenienti dall’Oriente. Ben presto medici e chirurghi tenevano conferenze e facevano consulenze di ogni genere a Roma, dando così inizio a quelle che si avvicinavano a vere e proprie scuole mediche. Ma ciò che mostrò più chiaramente lo spirito delle sue riforme fu l’organizzazione della gioventù italiana in associazioni chiamate collegia iuvenum, che erano scuole avviate con uno scopo preciso, perché in esse venivano inculcate le idee politiche e sociali di Augusto, e attraverso di esse diffuse in tutto il mondo romano.
Ma fu solo all’epoca di Nerone che il governo romano prestò una vera attenzione all’istruzione pubblica. In quel periodo fu aggiunta una cosa in più al programma scolastico, cioè l’educazione fisica, e le scuole furono poste sotto la stretta sorveglianza degli imperiali. Il professor Barbagallo scrive che l’enigma degli strani tipi di produzione intellettuale nei secoli successivi va letto nel cambiamento da Augusto a Nerone, che le scuole in questo intervallo persero lo spirito di libertà sia dell’intelletto che della coscienza, che le scuole di retorica dopo Nerone non produssero più oratori, ma retori, che le scuole di filosofia si cristallizzarono in un’ermeneutica arida e in sofismi, e che l’educazione fisica degenerò in atletica e acrobazie. La cultura e la scienza divennero una sorta di ornamento intellettuale. Tuttavia, l’autore chiarisce che gli imperatori giulio-claudi diedero un grande impulso all’istruzione generale, concedendo agevolazioni e privilegi a determinati studi e insegnanti, fondando biblioteche, introducendo l’educazione fisica di tipo greco, che includeva la musica, e stabilendo uno standard più elevato per l’educazione ufficiale dei giovani.
Più tardi Vespasiano osò solo un’innovazione, di tipo economico. Fissò lo stipendio per gli insegnanti di retorica e stabilì un onorario massimo per ogni studente.
Con Traiano a Roma fu costruita una nuova e splendida biblioteca, la Ulpia-Traiana, fu avviato un nuovo programma a favore dei giovani bisognosi, l’istituzione di aiuti statali per i pueri alimentarii, e agli insegnanti furono concesse non solo immunità ma anche onorificenze. Poi contribuì lo stesso Adriano con il suo Ateneo modellato su istituzioni dello stesso tipo che aveva visto in Grecia e ad Alessandria, e infine Marco Aurelio che dotò Atene di alcune cattedre universitarie. Tutto questo periodo, dice l’autore, mostra progressi nel campo dell’istruzione, esperimenti nei programmi di studio, una migliore amministrazione e un reale incoraggiamento agli insegnanti.
Sotto i Severi i collegia iuvenum assumono un carattere più militare, le istituzioni alimentarie del secolo precedente decadono, le cattedre di astrologia vengono soppresse nello stesso momento in cui vengono distrutte le biblioteche cristiane, e l’istruzione pubblica non sembra aver fatto un reale progresso durante il periodo.
L’autore ha una particolare attenzione per la figura di Giuliano, che approfondirà in una monografia (Giuliano l’apostata) già presente in Manuzio. Un suo decreto vieta ai cristiani l’insegnamento delle lettere classiche, con la giustificazione che la loro religione è in contrasto con il culto degli Dei, che sono presenti ovunque nella letteratura greca e latina, e quindi dovrebbero insegnare cose contrarie alla loro coscienza. Barbagallo discute a lungo (e rigetta) l’accusa che gli scrittori cristiani contemporanei fecero a Giuliano di aver anche proibito agli studenti cristiani di frequentare tali scuole.
Nel tardo impero, lo Stato romano assunse direttamente la gestione di molte scuole e università. L’obiettivo era garantire che l’istruzione fosse impartita in conformità con i valori e la cultura romana.
In definitiva, per i Romani, fino all’epoca di Giustiniano, la scuola pubblica era un lusso. Lo Stato limitava il controllo dell’istruzione all’esame della capacità, della diligenza e della moralità del maestro, mentre lasciava tutto il resto, orari, programmi e metodi, al maestro stesso.
«Le scuole dell’antichità, che non conferivano diplomi o attestati, che non conoscevano l’umiliante soggezione degli esami, non avevano neanche bisogno di imporre e di promuovere con artifici la diligenza dei maestri e l’efficacia del loro insegnamento.»
È Giustiniano che viene infine incolpato di aver obbligato le scuole pubbliche a seguire un programma prestabilito che si basava su quello fissato per le poche scuole di giurisprudenza, causando così la stagnazione dell’istruzione pubblica, perché l’iniziativa dell’insegnante gli veniva completamente sottratta.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Ebbero, e praticarono, gl’imperatori della casa Giulio-Claudia quella che oggi si direbbe una politica scolastica loro propria? Chi scorra, anche con diligenza, le trattazioni esistenti sulla storia dell’istruzione e dell’educazione nel mondo romano non può non rispondere negativamente. Il governo di quegli imperatori sembra rimanere estraneo a tutta l’operosità ufficiale svoltasi in questo campo durante il primo secolo di C. Eppure, è ben difficile dire se altre dinastie abbiano, nello svolgimento dell’istruzione e dell’educazione nazionale, esercitato un’influenza pari a quella dei Giulio-Claudii, come è altrettanto difficile indicare i principi romani, che ne abbiano, in maniera egualmente larga, affrontato il non agevole problema.
Scarica gratis: Lo stato e l’istruzione pubblica nell’impero romano di Corrado Barbagallo.