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The Island of doctor Moreau fu pubblicato a Londra nel 1896. Come in altri romanzi di Wells dello stesso periodo, e che gli valsero la celebrità, la narrazione fantastica coglie lo spunto da una base scientifica. A fine ’800 e per i primi decenni del ’900 l’interesse per la plasticità della materia vivente era molto vivace e qualche studioso, come Oscar Hertwig, si era addentrato nello studio della biologia dello sviluppo e della forma allontanandosi dalle teorie darwiniane. Wells sembra preoccupato di certi sviluppi della ricerca e richiama quindi a un rispetto dei limiti imposti dalla natura e soprattutto dall’empatia e dalla morale umana.
Prendick è il superstite di un naufragio. Salvato da Montgomery – aiutante del dottor Moreau – approda, costretto dalle circostanze, all’isola che funge da base per bizzarri esperimenti che Moreau conduce su animali al fine di “umanizzarli”. Prendick teme di essere lui stesso in pericolo, fino a che Moreau non spiega in dettaglio la natura delle sue esperienze di vivisettore. Rimane turbato dalla sofferenza degli animali sottoposti ai lunghi e ripetuti interventi di chirurgia plastica e dalla dichiarata insensibilità di Moreau per le atroci sofferenze imposte alle sue vittime, ma comprende di non essere fisicamente in pericolo.
Moreau espone tra l’altro una inconsueta e sostanzialmente assurda teoria sul dolore. Ma da un lungo e dolorosissimo intervento su un puma parte l’inevitabile rovina e la fine di Moreau e di Montgomery. Prendick assiste alla ripresa del sopravvento della natura animale nei numerosi e vari individui “umanizzati” da Moreau finché riesce a fuggire dall’isola servendosi di una barca alla deriva.
La “Legge” accuratamente recitata dagli Uomini-bestie e l’organizzazione imposta dal dottor Moreau non ha dato loro la forza di essere veramente uomini. È impossibile non vedere, nell’ultimo capitolo del romanzo, dove Prendick riprende faticosamente la vita all’interno del consesso umano, la critica di Wells verso una società che si preoccupa di inquadrare l’individuo dall’esterno, che reprime senza comprendere mettendo sempre più da parte le ragioni del cuore.
Numerose le trasposizioni cinematografiche, la più nota delle quali è quella del 1977 con regia di Don Taylor e con Burt Lancaster nei panni del dottor Moreau, che è un remake di Island of Lost Souls del 1932 diretto da Erle C. Kenton con Charles Laughton, inedito in Italia e pesantemente criticato dallo stesso Wells. Il giudizio solitamente e ingenerosamente poco lusinghiero della critica verso entrambe queste pellicole credo derivi dall’aspettativa di ritrovarvi il clima di angoscia e di sottile terrore, clima che è dovuto unicamente alla magistrale capacità della penna di Wells di coniugare la suspense derivata dalle vicende allucinanti con la pietosa condizione degli strani esseri che popolano l’isola, allontanati dalle loro condizioni naturali tramite grottesche imitazioni di istituzioni umane.
I due film (ce n’è anche un terzo, del 1959, Terror is a Man, anch’esso inedito in Italia e che non ho mai visto) sono invece sostanzialmente due storie d’amore all’interno delle quali l’elemento inquietante è fornito da un tentativo di fusione fantascienza-horror che rimane però superficiale e delegato ad alcune immagini sanguinose ma inadeguate a riprodurre il tipo di tensione che pervade ogni pagina del romanzo.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Si ringrazia la Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova per la disponibilità dimostrata fornendoci generosamente le scansioni dell’originale.
Dall’incipit del libro:
Il 1 febbraio del 1887 la nave Lady Vain, cozzando contro un rottame galleggiante a 1° di latitudine sud e a 107° di longitudine ovest, naufragò.
Il 5 gennaio 1888 – cioè undici mesi e quattro giorni dopo – mio zio, Edoardo Prendick, che era salito a bordo della Lady Vain a Callao e che si era supposto annegato, fu raccolto a 5° 3′ di latitudine sud e a 101° di longitudine ovest su di una scialuppa scoperta che, per quanto il suo nome fosse illeggibile, si suppose appartenesse alla goletta smarrita Ipecacuanha. Egli fece un racconto così strano delle sue avventure che lo si credette impazzito. Più tardi affermò che nella sua mente vi era tutta una lacuna dal momento della sua fuga dalla «Lady Vain». E il suo caso a quel tempo fu discusso dagli psicologhi quale esempio curioso di un lapsus memoriae cagionato da uno choc fisico e mentale.
Fra le sue carte fu trovato dal sottoscritto, suo nipote ed erede, il seguente racconto senza però la minima traccia di una disposizione che lo dicesse destinato alle stampe.
L’unica terra che si sappia esistere nella regione dove fu raccolto mio zio è l’isolotto di Noble, vulcanico e disabitato.
Fu visto nel 1891 dalla R. Nave Britannica Scorpione che vi sbarcò una pattuglia di marina. Non si trovò nulla di vivente eccezion fatta per certe curiose tignole bianche, per alcuni porci, conigli e topi singolarissimi dei quali però non fu catturato esemplare alcuno. Così questo racconto resta senza conferma nel suo particolare più importante.
Scarica gratis: L’isola del Dottor Moreau di Herbert George Wells.