Il romanzo L’insurgé, pubblicato postumo l’anno successivo alla morte dell’autore, è il terzo di una trilogia ad evidente sfondo autobiografico.

Il primo (L’enfant, pubblicato nel 1878 in feuilleton su «Le Siècle» sotto lo pseudonimo La Chaussade) narra della povertà della famiglia di Jacques Vingtras (l’io narrante) e degli atteggiamenti dei genitori che in pratica lo privano di un’infanzia normale. Non può correre per non consumare le scarpe, né giocare per non rischiare di farsi male, ecc. L’attitudine al risparmio della madre priva il piccolo Jacques di ogni più piccolo piacere.

Anche nello studio in collegio non riesce a trovare la propria dimensione. Si ribella verso quelle parti del programma (ad esempio lo studio del latino e greco) che percepisce come strumento del conservatorismo borghese per distogliere l’attenzione dalle sofferenze e dalle lotte sociali. Uscito dal collegio la sua vita diventa finalmente attraente: conosce figure femminili, il primo amore, e la narrazione si conclude con il trasferimento a Parigi.

Il secondo romanzo della trilogia (Le Bachelier pubblicato in «La Révolution Française» nel 1879) narra della povertà e della disoccupazione del giovane letterato. Vive il colpo di stato del 2 dicembre 1851 da parte di Luigi Napoleone e trasferitosi a Nantes sembra rivivere i turbamenti dell’infanzia. Anche tornato a Parigi non è in grado di trovare un lavoro che lo soddisfi. Finisce per accettare il lavoro di sorvegliante universitario, legandosi in una schiavitù contro la quale aveva lottato strenuamente.

Questo brevissimo tratteggiare gli aspetti salienti dei primi due romanzi della trilogia credo sia utile a meglio comprendere L’insorto, il terzo romanzo, che è digitalizzato in questo e-book. Composto di 35 capitoli, i primi 15, che coprono gli anni dal 1862 al 1870, narrano la vicenda di Jacques al lavoro come sorvegliante al collegio di Caen fino alla vigilia della guerra. Gli otto capitoli successivi narrano della guerra fino all’insediamento della giovane repubblica, quindi nello spazio temporale che va dal 15 luglio 1870 al 18 marzo 1871.

Questo periodo serve a Jacques per prendere coscienza delle armi che ha in mano e per consolidare le proprie opinioni politiche: conosce la censura dei propri articoli, il licenziamento dai giornali sui quali ha scritto usando toni che non vengono considerati adeguati, e anche la prigione per aver pubblicamente espresso le proprie opinioni. Conosce, frequentando i Circoli socialisti, quelli che saranno poco dopo i principali artefici dell’esperienza comunarda, tra i quali Blanqui, la cui figura è descritta in maniera magistrale.

Gli ultimi dodici capitoli sono infine dedicati alla vicenda della Comune fino alla fuga di Jacques Vingtras. Lo sfondo dell’azione sono le barricate di Parigi, ma tutti i fatti della storia comunarda sono ricordati, dall’Affaire de la Villette, alla giornata del 31 ottobre 1870, all’Affiche Rouge del 6 gennaio 1871. Anche tra coloro che sono i suoi compagni di lotta Jacques assume il ruolo di “irregolare” e la sconfitta appare tanto più amara. La descrizione dei due mesi della Comune dà il senso a tutta la trilogia e certamente sono il momento di spicco del romanzo L’Insorto.

Traduzione “d’epoca”, con qualche lacuna (segnalata in nota) ma tuttavia efficace nel far percepire al lettore come l’autore senta attuale e presente, vertice della propria esistenza, l’esperienza dei due mesi della Comune. Da segnalare l’ottima recente riproposizione del testo con traduzione e cura di Fernanda Mazzoli.

Un quarto volume sempre incentrato sulla vicenda di Vingtras, Le proscrit, è rimasto inedito fino al 1950 e mai tradotto in italiano.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Forse è proprio vero che io sono un vigliacco, così, come lo hanno detto i berretti rossi all’Odéon. Da qualche settimana sono Prefetto (sorvegliante di camerata) e non risento nè pena nè dolore; non sono punto irritato e neppure mi vergogno. Avevo ingiuriato i fagiuoli del collegio; pare che in questo paese essi siano migliori perchè ne ingoio interi piatti e pulisco e ripulisco il piatto.
Nel completo silenzio del refettorio, l’altro giorno, come una volta da Richefeu, ho gridato:
— Cameriere, ancora una porzione
Tutti si sono voltati ed hanno riso.
Ho riso anch’io; ormai son per la via che conduce alla conquista della noncuranza del galeotto, del cinismo dei prigionieri, dell’abitudine al mio bagno penale. E soffoco ogni grido del cuore nei litri dell’abbondanza. Io sto per amare il mio truogolo, la mia greppia.
Ho avuto fame per tanto tempo!
Mi sono così di sovente stretto il ventre per soffocare questa fame che urlava e mi mordeva gli intestini; per tante volte mi sono passato le mani sul ventre vuoto senza veder brillare la speranza di un pranzo, che ora provo una voluttà da orso, sdraiato fra i cibi a spalmare di salsa calda le mie budella secche.
È quasi la gioia di una ferita che si cicatrizza col solletico. Fatto è che io non ho più le carni verdastre e l’occhio infossato. Spesso, sui peli della mia barba, ci sono delle macchie di giallo d’ovo.

Scarica gratis: L’insorto di Jules Vallès.