L’Immoraliste, pubblicato nel 1902, è un romanzo in cui si riflettono tutte le vicende dell’autore fino a quel momento, dal tormentato matrimonio alla tubercolosi – non si sa fino a che punto immaginaria (psicosomatica, diremmo oggi) – fino alla risoluzione algerina, con il senso di ritrovata apertura alla vita. Tuttavia il presupposto autobiografico non può essere la sola chiave di lettura di questo romanzo che propone alcune delle problematiche che più stanno a cuore all’autore: l’atto di liberazione dall’educazione pressantemente religiosa e puritana e dal “grave insegnamento ugonotto”. Gide vuole superare la morale corrente e costruirne una nuova, sintesi tra un’anarchia spirituale ispirata da un cristianesimo atipico e un individualismo aristocratico nietzschiano. Ne consegue una fusione tra amore e umiltà dalla quale scaturisce la coscienza e l’accettazione delle proprie contraddizioni. Non si sottrae però agli scivolamenti nella meschinità che non può essere mascherata dalla mistica del superuomo.

Durante il viaggio di nozze in Africa Michel si accorge di avere la tubercolosi e ritrova la salute grazie alle cure amorevoli della moglie Marceline, che impersona tutte le virtù di un sentimento che è soprattutto abnegazione. Attraverso la malattia Michel scopre la bellezza della vita e rinnega i principi dell’educazione passata e del sistema di vita borghese. Da questa rigenerazione però viene esclusa radicalmente la moglie, in particolare durante il suo soggiorno in Normandia, dove prova l’ebbrezza per la sua nuova vita dove c’è spazio per le abituali occupazioni del proprietario terriero ma non per Marceline. Ancor più questo aspetto si rivela dopo il ritorno a Parigi e l’inizio dell’attività di insegnante. La vicenda assume qui connotati sconcertanti che si manifestano soprattutto con i dialoghi con Menalca. Quest’ultimo si rivela personaggio chiave per completare il superamento concreto dei vecchi principi, non mancando di ironizzare persino sulla presunta felicità borghese di Michel che sta per diventare padre. La gravidanza difficile porta però alla perdita del bambino e Michel considera che la sua rinascita fisica e spirituale passi attraverso un nuovo viaggio africano che non può che aggravare la salute sempre più precaria di Marceline. Il protagonista si dimostra privo di scrupoli e attenzioni mentre costruisce la propria vita in piena libertà e iniziando una convivenza col giovane Alì.

Ecco cosa dice lo stesso Gide a proposito di quella che appare una costrizione alla legge dell’immoralità:

L’immoralista era già scritto per metà e tutto composto nella mia testa quando ho incontrato Nietzsche. Posso dire che in un primo momento mi ha ingombrato ma poi grazie a lui ho potuto spurgare il mio libro da ogni tipo di idee avventizie che mi tormentavano in modo confuso, che non avevano più bisogno di essere dette, visto che le trovavo esposte assai meglio di quanto non avrei potuto fare io”.

L’ispirazione iniziale derivò dalla morte di un’amica della madre dell’autore, Anna Shackleton, episodio che fa da catalizzatore a incertezze dubbi e profonde amarezze che avevano costellato il lungo dramma intimo dei vent’anni precedenti della vita dell’autore. E L’immoralista appare in questa direzione il tentativo più deciso di liberazione.

Tuttavia Carlo Bo prova anche un’altra ottica di lettura, cioè come a un “tentativo segreto di superare le leggi estetiche del momento”. Da superare, oltre alla sua natura, la sua educazione, l’isolamento nel quale era stato tenuto dalla madre, dobbiamo aggiungere la scuola letteraria che aveva scelto ed il suo clima, cioè il simbolismo. In questo senso la strada del romanzo assume i connotati di un piccolo atto di ribellione e l’approdo a quella perenne inquietudine che per lui sarebbe diventata la norma. In definitiva è certamente vero che approdare a un romanzo interpretato da personaggi “reali” significava una sorta di rottura con l’ambiente di Mallarmé. La storia umana è libera da ogni rapporto simbolico. Secondo Carlo Bo siamo di fronte quindi a un esempio di “liberazione letteraria” o, per usare un’espressione di molti anni dopo, di “letteratura impegnata”.

È un libro che alla sua uscita non incontra troppe simpatie, la qual cosa induce Gide a rallentare la produzione narrativa negli anni successivi – in pratica scrive solo Retour de l’enfant prodigue, parabola rivisitata con spregiudicata simpatia per il figliol prodigo – e a sfogare la sua inquietudine in lunghi viaggi.

Quando Eugenio Giovannetti diede alle stampe questa prima traduzione italiana di L’Immoralista, Gide non era molto conosciuto in Italia. Il primo a parlarne era stato Lucini, nel 1903, e poi Vannicola aveva tradotto nel 1907 il saggio su Oscar Wilde in appendice a La ballata della prigione di Reading; Onofri nel 1912 Viaggio sull’oceano patetico e Papini nel 1920 Viaggio del Prometeo male incatenato. Qualche traduzione ancora (La porta stretta e i Sotterranei del Vaticano) negli anni ’30, ma con questa traduzione Giovannetti diede il via a una nuova stagione per la conoscenza di Gide in Italia e in pochi anni si sono susseguite diverse traduzioni per tutte le sue opere, almeno le più note. Senza dubbio questa traduzione denota qualche frettolosità che nel complesso però non ne inficia la validità. Per le scelte più discutibili abbiamo posto una nota che fa riferimento al testo originale. Giusto segnalare tra le numerose traduzioni successive almeno quelle di Oreste del Buono e di Sam Carcano.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Cari amici, vi sapevo fedeli. Al mio appello siete accorsi proprio come io avrei fatto al vostro. Eppure non mi vedevate più da tre anni. Possa la vostra amicizia, che resiste così bene all’assenza, resistere altrettanto bene al racconto che voglio farvi. Poichè se v’ho chiamati d’improvviso e vi ho fatto viaggiare sino alla mia casa lontana, è per vedervi soltanto e perchè voi possiate ascoltarmi. Non voglio altro soccorso che questo parlarvi, perchè sono a tal punto della mia vita ch’io non posso più oltrepassare. Eppure non è stanchezza. Ma non capisco più. Ho bisogno: bisogno di parlare, vi ripeto. Saper liberarsi non è niente: il difficile è saper mantenersi libero. Permettetemi di parlarvi di me: sto per raccontarvi la mia vita, semplicemente, senza modestia e senza orgoglio, più semplicemente che se parlassi a me stesso. Ascoltatemi.

Scarica gratis: L’immoralista di André Gide.