Bruno Ventavoli, noto traduttore dall’ungherese, ha sottolineato la dissonanza tra i successi di Molnár a livello internazionale e l’aspra critica proveniente invece dagli intellettuali della sua terra d’origine i quali gli hanno sempre rimproverato l’abbandono degli ideali propri della letteratura nazionale ungherese. Questo giudizio è confermato dal giudizio che a Molnár dedica la Magyar Irodalom Története, che è una delle opere fondamentali di storia e critica letteraria ungherese; nei paragrafi nei quali si parla di quest’autore traspare sempre una valutazione che equivale a una stroncatura. Nello specifico, riferendosi a Liliom, così si esprime:
«Ferenc Molnár divenne così lo scrittore di quella borghesia budapestina che aveva raggiunto tardivamente un ruolo guida e che vedeva ormai un maggiore pericolo nei movimenti rivoluzionari della classe operaia che nelle ceneri del feudalesimo. Questa borghesia di Pest, come pubblico letterario e teatrale, desiderava una letteratura e personaggi in qualche modo specificamente budapestino-borghesi (le quinte di Liliom si chiudevano a questo specifico desiderata budapestino) e nel teatro non voleva trovare avvenimenti turbanti ma storie tranquillizzanti, riuscendo a sopportare soltanto la farsa che sapeva eludere le domande essenziali. Ferenc Molnár riconobbe tutto questo con un intuito eccezionale e vi mise la sua dote di scrittore al servizio. E il suo successo lo deve a questo.»
Per questa ragione quindi – per non essere capace di soddisfare le esigenze della borghesia budapestina – la prima rappresentazione di Liliom – che è la quarta opera teatrale di Molnár – al teatro comico di Budapest Vígszínház nel 1909 fu un clamoroso insuccesso, forse il primo della carriera di Molnár.
Il soggetto per questa opera teatrale era già stato tracciato in un racconto contenuto nella raccolta Muzsika. La messa in scena dei sobborghi cittadini, un periferico parco di divertimenti popolato da alcolizzati, serve, soldati, giostrai e con protagonista l’imbonitore Liliom arrogante, violento, totalmente alieno dal voler avere un mestiere e tanto insolente da perdere anche il posto da animatore della giostra della signora Muskat, che per lui ha un debole e anche qualcosa di più, non poteva che inorridire, nel 1909, il pubblico che frequentava quel teatro.
Attraverso una apparente superficialità Molnár offre una visione dello spessore psicologico dei suoi personaggi, il loro travaglio; per questo non è difficile trovare, nell’animo del rozzo Liliom, una tenace delicatezza; aborriamo la sua violenza verso la moglie Giulia e il fatto di vivere alle spalle di lei, ma non possiamo non essere colpiti dalla sua giustificazione quando di fronte a un giudizio ultraterreno gli viene domandato:
«Hai battuto quella povera donna; l’hai battuta perchè ti voleva bene. Come hai potuto fare una cosa simile?» e Liliom risponde: «Ci siamo bisticciati… lei diceva in un modo e io nell’altro… e poichè aveva ragione lei, non ho saputo che rispondere e la rabbia mi è salita fin qui (additando la gola)… e allora ho picchiato.»
Come potrebbe essere meglio rappresentata la situazione di degrado di una situazione sociale, dove anche il sentimento finisce per annegare in una palude malsana dove persino la protesta per l’ingiustizia non trova sbocchi se non nell’abbrutimento?
Il successo per Liliom arrivò con la rappresentazione a Vienna nel 1912, grazie alla traduzione di Alfred Polgar. Claudia Tatasciore, nel suo ottimo studio già citato nella nota biografica di Molnár, spiega in maniera convincente le ragioni del successo di questa traduzione e le felici intuizioni che hanno caratterizzato il trasferimento dell’ambientazione dalla scena budapestina a Vienna. Trasferimento che non fa alcuna violenza al testo ma è anzi la «soluzione più naturalizzante possibile». Tramite le scelte di linguaggio di Polgar viene messa in risalto l’aspetto di critica sociale attraverso soprattutto la messa in scena di vizi e debolezze umane. In Liliom abbiamo però un barlume di speranza, una indicazione di via d’uscita attraverso l’amore. Il suo riscatto personale è appena intravisto, sovrastato e travolto dalla sua inguaribile inettitudine e arrogante indolenza. Non sa riabilitarsi neppure con l’ultima occasione che il giudizio ultraterreno gli offre, ma Giulia lo perdona e forse in questo può essere vista la sua riabilitazione in alternativa alla apparente dannazione eterna.
Abbiamo accennato tra le righe all’aspetto ultraterreno e magico che caratterizza gli ultimi due quadri di questo dramma scenico. Il tono cambia completamente; Liliom non può vedere la giustizia divina, di fronte alla quale viene condotto, in altro modo che una stazione di polizia. Della miserabilità della giustizia terrena gli emarginati e gli esclusi non riescono a liberarsi neppure nell’al di là. In una delle versioni cinematografiche, quella realizzata nel 1934 da Fritz Lang, questo aspetto viene accentuato e messo in risalto tramite l’espediente della fedele copia nel commissariato celeste di quanto già avvenuto nel commissariato terreno. Come già per l’opera teatrale, anche questa versione cinematografica fu per Lang il «primo fiasco di incassi» della sua carriera. La voluta ambiguità tra il registro drammatico e quello comico, oltre alla scontata astiosa ostilità degli ambienti cattolici, furono forse alla base di questo insuccesso per quello che il grande regista considerava il suo «lavoro migliore».
Nel 1930 c’era già stata la versione cinematografica diretta da Frank Borzage; Henry King nel 1956 ne curò il Musical che titolò Carousel. Nel cinema muto il soggetto di Liliom fu anche preso e molto liberamente adattato da Maxwell Karger per il film A trip to Paradise.
La prima rappresentazione teatrale italiana è quella della compagnia di Gualtiero Tumiati, nel 1922 a Napoli e nel 1923 a Milano.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del Quadro Primo :
(Nel boschetto di Budapest. Un posticino nascosto, con sedili, circondato da alberi e cespugli, al quale giunge molto attenuato il chiasso delle giostre. Crepuscolo di primavera. Al levar della tela la scena rimane vuota per un momento, quindi entra correndo Maria e si guarda indietro).
MARIA – Giulia! Giulia! (nessuno risponde) Ascolta, Giulia! Lasciala stare! Ma lasciala! Vieni. Lasciala! (per ritornare indietro) Giulia!
GIULIA – (entra agitata, guardandosi più volte alle spalle) Ma s’è mai visto una cosa simile! Quella brutta svergognata!
MARIA – (guardandosi indietro) Giulia, guardala, ritorna qui.
Scarica gratis: Liliom di Ferenc Molnár.